«Ex Selca? Questa bonifica creerà altri rischi»

di Lino Febbrari
Lo stabilimento ex Selca
Lo stabilimento ex Selca
Lo stabilimento ex Selca
Lo stabilimento ex Selca

«Siamo decisamente contrari a questa ipotesi di bonifica perché, semplificando, prevede lo spostamento dei rifiuti pericolosi 400 metri più a Sud di dove si trovano, in un’area esterna alla zona contaminata e soggetta a periodiche inondazioni, quindi, potenzialmente pericolosa». La sintesi delle associazioni ambientaliste camune, firmatarie di un documento unitario, riguarda la ex Selca di Forno Allione, ed è arrivata dopo un confronto con gli organi istituzionali coinvolti nell’iter autorizzativo della stessa bonifica di un sito industriale che da oltre una decina di anni conserva (si fa per dire) nei capannoni e nei piazzali quasi 40mila tonnellate di scorie di lavorazione dell’alluminio provenienti dall’Australia e contenenti sostanze nocive, come fluoruri e cianuri. «Il progetto proposto dal Comune di Berzo Demo va rivisto e integrato da un accurato piano di fattibilità, che consideri in prima istanza lo stoccaggio in situ dei rifiuti - precisa Livio Pelamatti, del circolo camuno di Legambiente e portavoce dei firmatari -. Inoltre, per la sua rilevanza e criticità l’operazione dovrà riguardare tutta la comunità della valle e non solo, e dovrà contemplare il coinvolgimento degli enti comprensoriali, Provincia, Regione e Arpa, in un percorso condiviso con i cittadini che abbia come obiettivo prioritario il risanamento dell’intera area dell’ex Ucar Carbon». Il diretto interessato non intende replicare. Giovan Battista Bernardi, il sindaco di Berzo Demo che si è trovato ad affrontare (quasi con le sole proprie forze) l’enorme problema ambientale, rimanda la replica a tempi migliori. Si lascia sfuggire però che «le associazioni, cui va il mio plauso per l’interessamento, avrebbero potuto essere “sul pezzo” quando la Selca operava ancora. Mi sarei aspettato da parte loro almeno una soluzione tecnica e non teorica, quasi utopistica. Questa è l’unica occasione che abbiamo per arrivare a una conclusione - sottolinea -. Spero che il fine di altri non sia quello di lasciar tutto nell’attuale stato di degrado». CON TENACIA, Bernardi sostiene il piano che prevede lo spostamento dei rifiuti, l’abbattimento delle vecchie strutture e l’edificazione di nuovi capannoni nei quali potrebbe insediarsi un reparto produttivo della Lucchini Rs Group. Le associazioni ambientaliste (Legambiente, Libera, Italia nostra, Cai Tam, Bio Distretto, Amici della natura, Amici del torrente Grigna, Comitato centraline idroelettriche, sostenute da Legambiente Alto Sebino e dal tavolo provinciale Basta veleni) propongono la soluzione che a tutti appare più ovvia, e che sarebbe sostenuta anche dall’Arpa: mettere in sicurezza i rifiuti creando un sarcofago nel posto in cui si trovano, simile a quello realizzato qualche anno fa dalla Graftech (erede dell’Ucar Carbon) ai piedi della tristemente nota collina dei veleni. «Non è vero che ci occupiamo solo ora di questa vicenda perché ci muoviamo da anni - puntualizza Pelamatti -. Purtroppo sono state spese tante parole, sono state coinvolte anche commissioni parlamentari, senza arrivare a una conclusione». •

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