Gleno, un disastro da non dimenticare

di C.VEN.
Una istantanea d’epoca successiva al disastro
Una istantanea d’epoca successiva al disastro
Una istantanea d’epoca successiva al disastro
Una istantanea d’epoca successiva al disastro

Ufficialmente si contarono 356 vittime e la ferita, a 97 anni di distanza, è grande ancora quanto i territori che l’hanno subìta. Valcamonica e Val di Scalve continuano a ricordare, e lo faranno anche oggi, la tragedia causata dal crollo della diga del Gleno, avvenuto il primo dicembre 1923. Questa mattina alle 7,35, l’ora in cui la furia dell’acqua partita dallo sbarramento ceduto di schianto (pochi minuti dopo le 7) sopra Bueggio arrivò a Corna di Darfo, dopo aver attraversato e seminato morte lungo il corso del Dezzo, le campane della chiesa parrocchiale della frazione suoneranno a distesa in memoria delle vittime. CINQUE minuti più tardi, nella chiesetta a fianco del fiume che arriva dalla Val di Scalve e sfocia nell’Oglio, costruita a memoria del dramma, toccherà a una breve preghiera di ricordo. Alle 18 invece, nella parrocchiale il parroco celebrerà una messa per tutte le vittime, ovviamente nel rispetto delle norme anti contagio. Il luogo che oggi, attraverso numerosi trekking segnati dal Cai, è meta di numerosi turisti, è ancora una ferita profonda. In quota il bacino che è rimasto inizia a mostrare i primi segni dell’inverno, mentre i muraglioni rovinati dal tempo sono lì a testimoniare una tragedia rimasta impunita. Realizzata tra il 1916 e il 1923 a 1.500 metri di quota, la diga avrebbe dovuto contenere sei milioni di metri cubi d’acqua. Progettata a gravità, fu costruita ad archi multipli in corso d’opera e subito mostrò i suoi difetti; tanto che nemmeno due mesi dopo l’inaugurazione, a causa della forza dell’acqua che con le incessanti piogge aveva riempito il bacino e probabilmente degli scadenti materiali utilizzati, crollò portando morte e distruzione in tutta la vallata, fino al lago d’Iseo. A tre anni dal centenario, mentre le amministrazioni coinvolte stanno già lavorando per celebrarlo, ci si avvicina con tutta la memoria di cui questi territori profondamente segnati sono capaci. Anche se oggi non ci sono più testimoni, «è un dovere - dice il sindaco di Darfo Ezio Mondini - non dimenticare». •

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