«I camuni? Sono puntuali e responsabili»

di Lino Febbrari
I militari del reggimento Aquila al lavoro a EdoloL’esterno del tendone ambulatorio montato fuori dall’ospedale
I militari del reggimento Aquila al lavoro a EdoloL’esterno del tendone ambulatorio montato fuori dall’ospedale
I militari del reggimento Aquila al lavoro a EdoloL’esterno del tendone ambulatorio montato fuori dall’ospedale
I militari del reggimento Aquila al lavoro a EdoloL’esterno del tendone ambulatorio montato fuori dall’ospedale

Esitanti e un po’ preoccupate, mamma e figlia di un paese vicino a Edolo si avvicinano al militare che presidia l’entrata dell’ambulatorio e chiedono dove si fanno i tamponi. Pochi minuti dopo è il turno di un uomo dell’alta valle, pure lui teso «perché due settimane fa ho trascorso una giornata con un amico che poi hanno trovato positivo». Da mercoledì della scorsa settimana, ogni giorno all’esterno del pronto soccorso dell’ospedale di Edolo capita spesso di imbattersi in situazioni del genere. Da quando è stata montata, la tensostruttura adibita ad ambulatorio è diventata meta di un pellegrinaggio incessante di persone entrate in contatto con un malato, che hanno completato la quarantena e che, come previsto dai protocolli sanitari, prima di festeggiare lo scampato pericolo si devono sottoporre al tampone. LE REGOLE prevedono che l’interessato contatti prima il proprio medico di base, il quale si confronta con le autorità sanitarie alle quali compete fissare l’appuntamento e avvisare il cittadino. A guidare la task force di sanitari militari che effettua il prelievo è un capitano medico del terzo reggimento Aquila, un’unità di supporto logistico dell’aviazione dell’esercito di stanza nell’aeroporto «Antonio Locatelli» di Orio al Serio. L’EQUIPE effettua i prelievi infilando nelle narici un bastoncino che viene poi sigillato in un contenitore sterile e inviato ai laboratori biologici dell’Asst di Valcamonica per essere processato. La collaborazione tra personale medico e infermieristico militare e civile è stata fortemente voluta dai ministri della Difesa, Lorenzo Guerini, e della Salute, Roberto speranza, ed è stata intitolata «Operazione Igea»: coinvolge oltre 1.400 tra medici, infermieri e soldati della sanità militare di tutte le forze armate. «Noi siamo una delle 200 Drive through Difesa mobilitate su tutto il territorio nazionale - spiega il capitano Saverio Francesco Vinciguerra, che la scorsa primavera ha vissuto la prima ondata della pandemia in Afghanistan -; unità che hanno il compito di incrementare la ricerca dei positivi, supportando il Sistema sanitario nazionale e la popolazione». L’ambulatorio edolese è accessibile tutti i giorni dal lunedì al sabato, dalle 8 alle 14, e al momento è previsto che resti operativo fino a metà gennaio. «IL LAVORO sta procedendo nel migliore dei modi - afferma l’ufficiale medico - e siamo soddisfatti della risposta ottenuta dai cittadini. Siamo rimasti piacevolmente sorpresi dalla loro puntualità nel presentarsi alle visite: un modo di agire che denota grande senso di responsabilità. Il presidio ospedaliero e in generale l’Ats ci forniscono tutti i dispositivi di protezione individuale e tutto il necessario, quindi diciamo che stiamo svolgendo il nostro incarico con soddisfazione e al meglio delle nostre possibilità nell’interesse della popolazione». All’uscita dell’ambulatorio dopo il trattamento, le due donne citate in apertura dicono insieme «...nessun dolore come pensavamo, solo un po’ di fastidio quando il bastoncino ti arriva in gola». E se ne vanno, sempre a braccetto, augurandosi in che tra poche ore squilli il telefono e una voce dica: «Tutto bene, siete risultate negative». •

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