EDOLO

I profughi afghani hanno paura «I talebani si stanno vendicando»

La sistemazione riguarda una quarantina di persone. Tutti i nuclei familiari ospitati nell’ex convitto Bim
Le famiglie afghane sono da qualche giorno ospitate nell’ex convitto del Bim di Edolo
Le famiglie afghane sono da qualche giorno ospitate nell’ex convitto del Bim di Edolo
Le famiglie afghane sono da qualche giorno ospitate nell’ex convitto del Bim di Edolo
Le famiglie afghane sono da qualche giorno ospitate nell’ex convitto del Bim di Edolo

•• Stanno prendendo confidenza con il personale e con la struttura in cui sono alloggiati da tre giorni i 41 profughi che martedì mattina sono stati trasferiti nell’ex convitto Bim di Via Marconi, gestito dalla cooperativa sociale Rosa Camuna Alta Valle; tutti gli altri hanno raggiunto Milano dove sono stati sistemati in appartamenti messi a disposizione dalla regione. Sono sette le famiglie che soggiorneranno per un paio di mesi a Edolo in attesa che a tutti i componenti venga riconosciuto lo status di rifugiati politici. Il nucleo più numeroso, quello di un interprete, è composto da dieci persone, altri due da sette, tre da quattro e uno da cinque. I bambini giocano sereni nel grande cortile sul retro del palazzo sotto gli occhi attenti dei genitori. Un ex funzionario delle Nazioni Unite è angosciato soprattutto per la sorte di parenti e amici, confida nei vertici europei affinché trattino con l’Emirato islamico per l’istituzione di un corridoio umanitario. «La situazione peggiora sempre di più in particolare per tutti quelli che hanno lavorato o che sono stati a contatto con le organizzazioni internazionali e il precedente governo - racconta l’afghano affiancato dalla giovane consorte e dai loro tre bimbi - Bisogna fare qualcosa perché non possono vivere come vorrebbero: vanno aiutati, l’occidente non deve abbandonarli alla vendetta dei talebani. Ci sono giunte notizie anche di persone che hanno subito torture». Insieme alla gioia di essere riuscito ad arrivare in Italia con la sua famiglia, un altro profugo spera in un futuro migliore per i figli. «Sono contento di essere ad arrivare in Italia - dice con un largo sorriso - A Kabul lavoravo come autista per la vostra ambasciata e quando il nuovo regime ha ripreso il potere la situazione per me è divenuta insostenibile. Ora il mio sogno è quello di trovare presto un lavoro e che i miei figli vadano a scuola e possano avere un’infanzia felice e serena». Infine Dalil, per sette anni ha fatto da interprete al comandante del contingente italiano dislocato ad Herat. «Giravo nei villaggi con i soldati per portare aiuti agli abitanti - racconta - la gente era molto felice quando arrivavano i convogli umanitari scortati dagli italiani». Per raggiungere l’aeroporto della capitale ha viaggiato in autobus con moglie e otto figli per più di 25 ore. «Siamo stati davvero fortunati - aggiunge Dalil -. Più volte il bus è stato fermato ai posti di blocco dei talebani e in un paio di occasioni abbiamo temuto che ci obbligassero a tornare indietro. Invece ci è andata bene e siamo riusciti a raggiungere lo scalo. In alcune immagini andate in onda qualche giorno fa su una rete italiana mi sono rivisto mentre con la mia famiglia cercavo di superare i controlli. Quando finalmente ci hanno fatto passare e ci siamo trovati circondati dagli italiani - conclude l’ex interprete - tutti noi ci siamo messi a piangere dalla felicità: eravamo in salvo e stavamo per partire».•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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