L’architettura diventa identità e il Comune è pronto a salvarla

di Domenico Benzoni
Gianico  uno scorcio della Cà de Janech, un edificio rurale risalente al ’500 oggi disabitato e in condizioni di degrado
Gianico uno scorcio della Cà de Janech, un edificio rurale risalente al ’500 oggi disabitato e in condizioni di degrado
Gianico  uno scorcio della Cà de Janech, un edificio rurale risalente al ’500 oggi disabitato e in condizioni di degrado
Gianico uno scorcio della Cà de Janech, un edificio rurale risalente al ’500 oggi disabitato e in condizioni di degrado

La conservazione della memoria di una comunità passa anche dalla tutela e dalla valorizzazione degli edifici antichi. E a Gianico c’è una casa, oggi disabitata, che racchiude secoli di vita e storia locali. Portale d’ingresso ad arco con conci di granito e con incisa la data del 1508; cantina a involto con velette, muri in pietra a vista, loggiati e ringhiere in legno, fienile e acciottolato nel cortile. Sorge in contrada Cimavilla, addossata ad altre vecchie costruzioni, e in dialetto la chiamano la «Ca’ de Janech», la casa di Gianico. Fino a lunedì, l’edificio ha ospitato una mostra sulla Selva oscura di Dante, alcuni lavori sulla ruralità realizzati dai ragazzi del campo estivo, le incisioni di Francesco Visentini del Borgo degli artisti di Bienno con testi di autori vari sull’Inferno dantesco realizzati dal Museo della stampa di Artogne; senza dimenticare un concerto di jazz sperimentale. Il tutto per far apprezzare il valore di questa costruzione. L’obiettivo era quello della «valorizzazione dei caratteri tipologici, architettonici e costruttivi dell’edificio, con particolare attenzione all’uso degli spazi nel tempo e alla narrazione dell’abitare rurale», spiega la presentazione dell’evento de «Il Segno tipografico - Museo della stampa». L’esposizione ha fatto parte di un percorso pensato per unire e far conoscere quattro musei etnografici camuni: il Zuf di Vione, il Museo storico fotografico di Borno, El Balarol di Berzo e appunto quello della stampa voluto da Simone Quetti e oggi coordinato da Marino Andreoli. Ma torniamo alla Ca’ de Janech, che potrebbe diventare patrimonio del Comune. L’amministrazione di Mirco Pendoli ci ha messo gli occhi sopra per recuperarla e poi poterla utilizzare a fini istituzionali. Potrebbe diventare un luogo d’incontro per gruppi e per ospitare allestimenti vari. L’incarico per una perizia in vista dell’acquisto è già stato assegnato allo studio tecnico Feriti e associati, e quando si conoscerà il valore toccherà al consiglio comunale deciderne l’acquisto. L’edificio, parzialmente di proprietà della famiglia Bianchi - storico conducente dello scuolabus di Gianico - oggi è disabitato e pressoché abbandonato e sarebbe un peccato lasciarlo ulteriormente decadere. Garantirne le peculiarità significherebbe appunto tenere in vita un pezzo di vita e di storia di un paese che alle tradizioni è molto legato.•.

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