L’inchino al museo della stampa

di D.BEN.
Il Museo della Stampa
Il Museo della Stampa
Il Museo della Stampa
Il Museo della Stampa

La passione per i caratteri mobili, per il piombo della linotipia e per l’inchiostro; e con l’avvento dei computer e del photoshop, la voglia di affidare alla memoria la sua esperienza di stampatore. È in tutto ciò che si concentra lo spirito di Simone Quetti e del suo museo della stampa. Dieci anni fa, il 27 aprile 2009, si aprivano per la prima volta le sale espositive de «Il segno tipografico» di Via Concordia ad Artogne, che ospitano quelle vecchie macchine che hanno dato pane e lavoro ai due fratelli Quetti, Simone e Mattia e che ora continuano a vivere come museo interattivo. A supporto delle attrezzature, immagini capaci di raccontare una storia, la loro personale ma anche quella di tempi andati, quando erano le mani a sporcarsi di inchiostro, i grembiuli da lavoro opportunamente neri ed i manifesti si componevano su un tavolato assemblando pezzi di legno con incise le lettere dell’alfabeto. I dieci anni di apertura saranno oggetto di festeggiamento proprio sabato 27 aprile nella palestra dell’istituto Rosselli, con un concerto dei cori «La pineta» di Costa volpino, «Vallecamonica» di Darfo e della banda di Artogne diretti dai maestri Francesco Gheza e Guido Poni. Interverrà padre Lorenzo Agosti, superiore dei Pavoniani, la congregazione al cui fondatore è dedicato il museo. «Un doveroso omaggio a Simone, che ha sempre avuto il senso della riconoscenza nei confronti dell’ambiente dove ha appreso l’arte grafica» ha detto padre Lorenzo, al quale si sono aggiunte le parole del presidente de «Gli amici di Artogne» Cristian Sterni, che nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’anniversario ha voluto sottolineare come «a Quetti vada il giusto ringraziamento per quanto ha fatto dal punto di vista umano, sociale e politico». Nel corso di questi dieci anni il museo della stampa è stato visitato da molte scolaresche, a cadenza biennale è stato luogo di convegni e non sono mancate visite di rilievo, come quella di alcuni esponenti dell’università di Gerusalemme, interessati a capire come montare un antico torchio a stampa. «Ora c’è bisogno di qualche giovane che voglia continuare a rendere vivo questo luogo - commenta Giulio Vezzoli una delle anime del museo - mettendosi a disposizione per far vedere ai visitatori come funzionano le macchine». •

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