Lo Stato ritrova la memoria e ringrazia il reduce Marini

di Lino Febbrari
Il reduce Domenico Marini dopo aver ricevuto il riconoscimento
Il reduce Domenico Marini dopo aver ricevuto il riconoscimento
Il reduce Domenico Marini dopo aver ricevuto il riconoscimento
Il reduce Domenico Marini dopo aver ricevuto il riconoscimento

È stato incredulo fino all’ultimo minuto: «Chissà se è vero, oppure mi hanno raccontato una bugia...», mormorava attorniato dai nipoti nella sua stanza della Rsa Don Ferraglio di Malonno in cui vive da qualche anno. Si è reso conto che era tutto vero solo quando i sindaci di Malonno (Giovanni Ghirardi) e di Sonico (Gian Battista Pasquini), delegati dal prefetto di Brescia, gli hanno consegnato la medaglia d’onore destinata agli ex internati. Stringendola tra le mani, Domenico Marini si è commosso. Nato a Sonico il 10 agosto 1923, l’11 gennaio del 1943 fu inquadrato nel 58esimo reggimento fanteria Padova. Il 30 aprile venne trasferito al 120esimo fanteria, che faceva parte della 115esima divisione Emilia. Il 2 maggio il reparto fu inviato in Jugoslavia con compiti di presidio e controguerriglia, e poi in Montenegro, nella zona di Càttaro. Arrivò l’armistizio, e il 9 settembre il reggimento venne attaccato e resistette per una settimana. DOMENICO fu catturato e inviato in Austria, e dopo essersi rifiutato di aderire alla repubblica sociale (come fecero centinaia di migliaia di altri militari italiani) fu imprigionato e costretto al lavoro forzato in campagna e nella sistemazione delle strade danneggiate dai bombardamenti alleati. L’8 maggio del 1945 nel suo campo di concentramento arrivarono gli angloamericani, e dopo essere stato trattenuto qualche mese, l’11 settembre finalmente tornò a casa. Fino a tarda età ha fatto il falegname: «Costruivo di tutto - ricorda -, dagli armadi alle porte e alle finestre». Il grande anziano è tra i nove ex lavoratori coatti ancora viventi nei 40 Comuni della Valcamonica. Di lui, come degli altri 650mila connazionali internati nei lager (tra militari e civili) lo Stato si è dimenticato per decenni: se n’è ricordato solo nel 2006, istituendo appunto l’onorificenza che da allora viene assegnata ai superstiti o ai familiari. Per Marini però era stata fatta una eccezione, perché molti anni fa, nel 1966 aveva ricevuto la croce al Merito di Guerra. «Sono sempre stati i “dimenticati di Stato” - riflette Carlo Elio Simoncini, presidente della sezione di Valcamonica dell’Anei -: già al loro rientro non ci fu l’accoglienza che avrebbero meritato e presto tutti finirono in archivio. Fino al 2006 questi eroi silenziosi, che hanno resistito per due anni alle sofferenze, alle privazioni e al lavoro in situazioni aberranti, sono stati completamente ignorati». Se i nomi di oltre 1.700 internati camuni sono oggi conosciuti lo si deve alla certosina ricerca effettuata in decine di archivi da due appassionati originari di Sonico: Fabio Branchi e Silvano De Pari. «Abbiamo scartabellato una serie infinita di volumi con i fogli matricolari di questi militari - spiega Branchi -. Da lì si verifiche e controlli incrociati nei nostri archivi, in quelli della Segreteria vaticana e anche in alcuni in Germania, dove ultimamente ci stanno dando una mano per arrivare a definire il più precisamente possibile il numero effettivo degli internati». •

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