Omicidio di Breno, Capano rimane in cella

di Paolo Cittadini
La casa di Breno teatro del dramma familiare
La casa di Breno teatro del dramma familiare
La casa di Breno teatro del dramma familiare
La casa di Breno teatro del dramma familiare

Lo sfondo resta ancora in ombra, senza spiegazioni profonde di ciò che è successo, mentre una delle poche certezze di questa tristissima storia di fine estate è data, per ora, dalla permanenza in carcere di Vincenzo Capano, il 25enne protagonista, e reo confesso, dell’omicidio della madre avvenuto nel tardo pomeriggio di giovedì a Breno. Ieri mattina il ragazzo è stato al centro dell’interrogatorio di convalida a Canton Mombello, e ha di fatto confermato quanto aveva detto ai sanitari e agli inquirenti quando, venerdì, a quasi 12 ore dal delitto, aveva fatto le prime ammissioni. «Le ho stretto le mani intorno al collo», ha ripetuto al gip Cristian Colombo; così come aveva fatto avanti al pubblico ministero Roberta Panico e ai carabinieri della Compagnia di Breno. Conferme che nel pomeriggio di ieri hanno trasformato il fermo in una misura di custodia cautelate in carcere. Omicidio volontario il reato contestato al ragazzo, in cella da quando ha confessato di aver ucciso la madre, la 53enne Francesca Mesiano. «HA RISPOSTO a tutte le domande che gli sono state rivolte dal magistrato», ha spiegato il suo legale, l’avvocato Gerardo Milani al termine dell’interrogatorio di convalida iniziato alle 8,45 e terminato meno di un’ora dopo. Il difensore del 25enne non ha chiesto misure alternative alla detenzione, ma nei prossimi giorni chiederà che la salute psichiatrica dell’omicida, in isolamento da venerdì così come prevede il protocollo anti contagio per chi entra in un penitenziario, venga definita nel corso di un incidente probatorio. Per ora la ricostruzione del dramma brenese resta ferma alle parole di Capano. Il quale ha raccontato che giovedì ha strozzato la madre; poi, dopo averla vegliata per un paio d’ore, è andato in caserma dai carabinieri chiedendo aiuto prima di chiudersi nel silenzio. Al loro arrivo i militari avevano trovato Francesca Mesiano stesa senza vita sul divano della cucina. Sul corpo i segni di una morte violenta confermata dall’autopsia, e prima ancora proprio dalla confessione del responsabile. UN DELITTO maturato in un contesto familiare difficile, ma non direttamente seguito dai Servizi sociali di Breno nonostante madre e figlio vivessero in un appartamento del Comune, a pochi passi dalla sede del municipio. Problemi economici e di salute rappresentavano la quotidianità di un rapporto tra madre e figlio che giovedì ha incontrato il punto di rottura sfociando in una tragedia. Capano ha rotto il suo silenzio durato quasi dodici ore solo venerdì nel primo pomeriggio, facendo le prime ammissioni prima ai medici dell’ospedale di Esine, dove era stato portato per una visita psichiatrica, e poi agli inquirenti. Una confessione che ieri il 25enne ha ribadito davanti al giudice per le indagini preliminari. •

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