Il ricordo è indelebile, nessuno a memoria d’uomo aveva mai visto nulla di simile in Valle Camonica. Quella sera del 29 ottobre 2018 intere aree boscate della Vallecamonica, dalla bassa valle a Pezzo di Ponte di Legno, passando per la Val Paghera di Ceto, la Valsaviore, la Val Malga di Sonico, la Valle dell’Allione, le Valli di Corteno e molte altre piccole vallate laterali (lo stesso accadde in numerosi territori montani dell’Italia Nord Orientale) furono devastate dal passaggio della tempesta Vaia. CHE LASCIÒ dietro di sé distruzione e danni incalcolabili al patrimonio forestale, senza per fortuna causare vittime. A quasi due anni di distanza, il punto sui lavori svolti per rimediare con i fondi messi finora a disposizione da Regione Lombardia (poco meno di due milioni di euro), lo hanno fatto addetti ai lavori e professori universitari in occasione della seconda edizione di «Climbing for climate», l’iniziativa promossa dall’Università degli studi di Brescia e dal Cai (e adottata da decine di altri atenei italiani) per contrastare i cambiamenti climatici. «SONO STATI sistemati circa 100 ettari di fronte a oltre di mille di bosco completamente distrutti - spiega Gian Battista Sangalli, responsabile del settore Foreste e bonifica della Comunità montana a margine dell’incontro conclusivo al Rifugio Malga Premassone di Sonico - Siamo in attesa di un ulteriore finanziamento regionale di 3 milioni distribuiti su nove Comuni: il grosso della somma arriverà a Ceto, un milione circa, e a Sonico, un altro milione. I progetti sono già predisposti e riguardano in particolare il completamento della bonifica e la sistemazione della viabilità minore danneggiata». Una volta completati gli interventi di rimozione del legname e di bonifica dei versanti, non verranno effettuati rimboschimenti: la decisione adottata è quella di lasciar fare il suo corso alla natura. Così resteranno a terra quasi tutte le ceppaie, che favoriranno la ricrescita dei nuovi alberi, e l’uomo interverrà solo per eliminare il dannoso bostrico, il coleottero che purtroppo ha preso d’assalto e sta infestando le foreste abbattute. «Ci vorranno decine di anni, nell’ordine di sessanta/settanta, per far si che la natura si riprenda ciò che fondamentalmente essa stessa ha distrutto - chiarisce Sangalli - Al di la del nuovo atteso finanziamento, noi ci auguriamo di poter disporre di altre risorse perché vorremmo riuscire a debellare il flagello che sta emergendo, quello del bostrico. Come tutti gli studi hanno dimostrato, e questa ne è l’ennesima conferma, mediamente un paio di anni dopo simili disastri ambientali parte la malattia, il coleottero comincia ad attaccare le abetaie e perciò a problema si aggiunge problema. Dobbiamo evitare che si diffonda velocemente fin sui monti del Tonale - ammonisce Sangalli. •