«Strada per le malghe, uno scempio inutile»

di Claudia Venturelli
La nuova strada agrosilvopastorale di Lozio che sale a quota duemila
La nuova strada agrosilvopastorale di Lozio che sale a quota duemila
La nuova strada agrosilvopastorale di Lozio che sale a quota duemila
La nuova strada agrosilvopastorale di Lozio che sale a quota duemila

I lavori sono ripresi ma le polemiche non sono cessate. A Lozio da più di un anno si discute su quella strada di collegamento tra le malghe Valli Piane e Valle Burnega che si scorge non appena si apre la vallata come un rapido zig zag fino alla cima. Era stata oggetto del contendere nell’ultima campagna elettorale, perché quando era ancora sulla carta quella che oggi è la minoranza consiliare la definiva «inutile e dannosa all’ambiente». I toni non sono cambiati oggi che i lavori, dopo uno stop dettato dalla Sovrintendenza per una modifica del progetto avvenuta in corso d’opera, sono ripresi: «È una strada che sta devastando la montagna e non serve a nulla. Ha creato problemi e li creerà in futuro perché ha costi di manutenzione proibitivi per un Comune come il nostro. Ma la cosa più grave è che non rispettando i progetti iniziali ci sono delle responsabilità di cui qualcuno deve rispondere», accusa Claudio Zanelli, capogruppo di minoranza. A OCCHIO quella strada è una ferita alla montagna che sale oltre i duemila metri. Un grande solco che fa a pugni con i paesaggi incontaminati a cui Lozio ha abituato i propri ospiti. Sarà chiusa al traffico e servirà solo le due malghe: «Se mai servisse una strada lì - chiarisce Zanelli - si sarebbe potuta ripristinare quella abbandonata che segue la morfologia del territorio. Noi ora chiediamo che ci sia un intervento dagli enti superiori perché i lavori sono ripresi, ma pare che nessuno sia responsabile di niente». Per la maggioranza che ha spinto per l’opera da 650mila euro, che ha ricevuto il sì di Sovrintendenza e Comunità montana e mezzo milione dalla Regione, questo è un fiore all’occhiello per lo sviluppo della montagna e lo stop sarebbe stato dovuto a una mancanza di dialogo tra le parti: «Si è variato il tracciato - ammette il primo cittadino Francesco Regazzoli che ha già chiarito nelle sedi opportune -, ma mi capite che su 200 ettari di territorio spostarsi è semplice: il terreno lo permetteva ed era più economico. È solo mancata la sinergia, ma ora è tutto risolto». Le modifiche erano state autorizzate dalla Comunità montana ma segnalate dalla società incaricata dell’assistenza archeologica e che si era dimessa. Dopo la nuova relazione sulla pratica in variante al progetto si è ripartiti. L’obiettivo è fare presto, prima dell’arrivo dell’inverno, con la neve che ferma tutto per 6-7 mesi. «Anche per questo - chiude Zanelli - non capiamo quale sia la valenza turistica. Dove c’era prato oggi c’è una pietraia». •

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