LE CURE

Terapia monoclonale, a Esine sette infusioni

Per pazienti con pochi sintomi che hanno contratto il virus da non più di 5 giorni e con patologie pregresse
Roberto Furloni
Roberto Furloni
Roberto Furloni
Roberto Furloni

Pazienti con pochi sintomi che hanno contratto il virus al massimo da cinque giorni e che hanno patologie pregresse che complicherebbero il decorso della malattia: è questo l'identikit di chi può, da qualche giorno anche all'ospedale di Esine, curare il Covid con gli anticorpi monoclonali. Un farmaco, in parole povere, che rende la malattia mento intensa anche in caso di ospedalizzazione e riduce del 70% il rischio di mortalità. «Gli anticorpi monoclonali -spiega il primario di medicina dell'ospedale di Esine, Roberto Furloni - sono anticorpi che vengono prodotti in laboratorio per aggredire un unico antìgene. Cioè, quando c'è un virus o un battere che minaccia il nostro organismo normalmente questo produce anticorpi, che però sono tanti e non specifici e sono la prima difesa». Nel caso del Covid la procedura è avvenuta in laboratorio, per creare anticorpi che fossero specifici, «perché il Coronavirus, l'abbiamo visto spesso rappresentato, è quel virus con tante punte grazie a cui si ancora alle cellule; ecco, gli anticorpi vanno a disancorare, bloccano queste punte in modo che il virus non rimanga all'interno della cellula e venga eliminato quanto prima». Anticorpi non per tutti, è bene specificarlo per evitare false speranze. «L'infusione dev'essere fatta in una fase di infezione iniziale, meglio dopo 5 giorni dal tampone positivo e su pazienti che hanno caratteristiche definite dall'Ema e dall'Aifa - spiega Furloni - Un paziente sopra i 55 anni con problemi cardiovascolari, cerebrovascolari, con diabete o che va incontro alla dialisi». Solo loro possono ricevere queste cure così da bloccare di fatto la malattia. Si tratta di infusioni somministrate in un'ala con quattro posti letto del reparto di medicina dedicata un tempo al day hospital. Sette finora i pazienti, tutti adulti, che li hanno ricevuti e che hanno dato risposta positiva. Un'unica infusione. « Dura più o meno mezz'ora -continua il dottor Furloni-. Poi il paziente rimane in osservazione per circa un'ora nel reparto e viene rivisto dopo 36 ore. Per ora non abbiamo avuto alcun effetto collaterale». Una speranza in più contro il Covid, ma non è un liberi tutti. Tra vaccini e farmaco qualcuno potrebbe pensare che il pericolo maggiore sia scampato. Ma guai a pensarlo davvero. È un momento delicato e le regole vanno rispettate. «Bisogna stare attenti» il monito che ricorda come il virus non è andato in vacanza. «Vaccino e anticorpi monoclonali - chiude il primario - sono due armi importanti, ma l'arma più importante è l'intelligenza. In Vallecamonica abbiamo dimostrato di essere ancora sugli scudi per cui distanziamento, mascherine e tutte le regole che ormai conosciamo devono restare attive altrimenti non si supporta tutto il lavoro che i sanitari stanno mettendo in campo a oltre un anno dallo scoppio della pandemia».•.

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