L’uccellatore industriale finisce in manette

di Paolo Baldi
Gabbie con richiami vivi protetti e bacche di sorbo in un punto in cui l’uccellatore aveva piazzato una rete Un pettirosso con le zampe fracassate dall’archettoAlcune delle decine di trappole sequestrate dai carabinieri forestale
Gabbie con richiami vivi protetti e bacche di sorbo in un punto in cui l’uccellatore aveva piazzato una rete Un pettirosso con le zampe fracassate dall’archettoAlcune delle decine di trappole sequestrate dai carabinieri forestale
Gabbie con richiami vivi protetti e bacche di sorbo in un punto in cui l’uccellatore aveva piazzato una rete Un pettirosso con le zampe fracassate dall’archettoAlcune delle decine di trappole sequestrate dai carabinieri forestale
Gabbie con richiami vivi protetti e bacche di sorbo in un punto in cui l’uccellatore aveva piazzato una rete Un pettirosso con le zampe fracassate dall’archettoAlcune delle decine di trappole sequestrate dai carabinieri forestale

Furto aggravato ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato e maltrattamento degli animali: due reati pesanti che, contestati a uno dei pochi uccellatori bresciani ancora «affezionati» all’uso dei crudelissimi archetti (tanti archetti) è costato l’arresto, e non una semplice denuncia, a un 47enne residente a Livemmo di Pertica Alta ma ben conosciuto a Pertica Bassa perché gestore dell’unica bottega di alimentari funzionante a Ono Degno. L’ex cacciatore (la licenza gli era stata sospesa anni fa dopo una denuncia rimediata per gli stessi reati) e uccellatore a tempo pieno si trova da giovedì agli arresti domiciliari, in attesa della convalida del provvedimento che era attesa ieri mattina in Procura e che invece è slittata. Il suo arresto è stato il frutto di una lunga e difficile attività di indagine sul campo e di un altrettanto faticoso appostamento che ha coinvolto i carabinieri forestale di Idro e Bagolino (per quanto riguarda la cattura) e quelli della stazione di Vobarno relativamente alle perquisizioni e ai sequestri. Il 47enne trappolava infatti in una zona - la località Cascine Po sovrastante l’abitato di Forno d’Ono, a Pertica Bassa - costantemente controllata da persone probabilmente conniventi, e con una strada forestale d’accesso sulla quale si affacciano alcune case abitate. Così, una volta individuato il punto, anzi i punti, dato che il valsabbino aveva piazzato i propri strumenti di cattura in sei siti diversi e per di più difficilmente accessibili, su balze scoscese e creste rocciose, i militari hanno organizzato un appostamento notturno. Sono arrivati sul teatro dell’operazione giovedì molto prima dell’alba seguendo a piedi sentieri impervi al buio, e una volta in posizione hanno dovuto aspettare fino alle 15 per veder arrivare il loro uomo. Che non li ha delusi. Il perticarolo ha iniziato a raccogliere i pettirossi appesi a testa in giù e con le zampe straziate dagli archetti per poi riarmare le trappole, e quando ne ha recuperati una trentina si è trovato davanti gli agenti: ha cercato di scappare ma non ce l’ha fatta, e a quel punto è iniziata la conta dello scempio. IN TOTALE l’uccellatore aveva piazzato ben 177 archetti e sei reti da dieci metri l’una, e all’altezza di queste ultime, oltre a grappoli di bacche di sorbo come esca, aveva piazzato alcune gabbie con altri uccelli protetti dalla Convenzione di Berna e dalle leggi italiane, stavolta vivi, utilizzati come richiami: una scena ormai rara nel Bresciano. La successiva perquisizione di un fienile e dell’abitazione dell’uomo (oltre che del suo negozio) ha poi portato alla scoperta di altri 79 archetti, di 32 mini tagliole per insettivori, i «sep», e di altre 9 reti. Visti i numeri del suo sistema di cattura è probabile che il bracconiere fosse inserito nel florido mercato illegale dell’avifauna protetta destinata a diventare ingrediente per lo spiedo. Di certo era un recidivo: la sua licenza di caccia se n’era andata nel 2011, quando era stato sorpreso a trappolare dagli allora forestali del Nucleo operativo antibracconaggio. •

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