Sono trascorsi 60 anni da una frana che cambiò per sempre l’aspetto di un pezzo di Valsabbia: per effetto del dissesto Levrange di Pertica Bassa fu abbandonata e ricostruita a breve distanza, e per questo oggi esistono un paese vecchio sostanzialmente disabitato e uno nuovo. Tutto accadde l’8 dicembre del 1959, quando dopo pochi giorni di piogge continue la frazione fu quasi sbriciolata, non in un colpo solo ma lentamente. I 330 abitanti di allora dovettero essere tutti sgomberati, nonostante le forti resistenze di qualcuno, su ordinanza dell’allora sindaco Giacomo Bonomi. Oggi la popolazione di Levrange, molto ridotta a causa dei tanti emigrati, soprattutto all’estero, spinti dalla necessità di trovare un lavoro, vive nelle nuove abitazioni, mentre la maggior parte delle vecchie case non esiste più. Solo pochi edifici e la chiesa restano in piedi a ricordare quello che accadde 60 anni fa, e memoria di un borgo che non c’è più. Nella ricorrenza di quel dramma, oggi il ricordo rivivrà, indelebile ma sempre più timido. Perché sono sempre meno i testimoni di allora. Li guida Primo Zambelli, già reduce di Russia, classe 1922 che, oggi vicino al secolo di vita, allora aveva 37 anni: «Quel giorno tutto iniziò col crollo della prima casa, quella dei Coapir - racconta -. Ma già da qualche giorno in paese le porte non si chiudevano più, i muri si stringevano pian piano, i fili della corrente si strappavano, i tubi dell’acqua si rompevano e le case si muovevano». IL RICORDO partirà dalla chiesa parrocchiale di San Rocco (non quella, danneggiata, al centro del paese vecchio) con «Levrange, pioveva...», musiche e letture introdotte dallo storico Alfredo Bonomi, fratello dell’ex sindaco Giacomo e anch’egli a lungo sindaco di Pertica Bassa. Sul palco Daniel Trombini (voce, chitarra, bouzouki) e Simone Mor (chitarra, cori, armonie, flauti), con letture sulla frana di Margherita Mensi e Cristian Amolini. Al termine un rinfresco in oratorio. •