Quei trenta
secondi che hanno
sconvolto la Valsabbia e il Garda

di Massimo Pasinetti
A Pompegnino non ci fu un solo edificio risparmiato dalla furia del sisma: tutti presentavano delle  lesioni Un’immagine eloquente dei danni provocati sedici anni fa Un edificio raso al suolo per motivi di sicurezza dopo la scossa di terremoto del 24 novembre del 2004
A Pompegnino non ci fu un solo edificio risparmiato dalla furia del sisma: tutti presentavano delle lesioni Un’immagine eloquente dei danni provocati sedici anni fa Un edificio raso al suolo per motivi di sicurezza dopo la scossa di terremoto del 24 novembre del 2004
A Pompegnino non ci fu un solo edificio risparmiato dalla furia del sisma: tutti presentavano delle  lesioni Un’immagine eloquente dei danni provocati sedici anni fa Un edificio raso al suolo per motivi di sicurezza dopo la scossa di terremoto del 24 novembre del 2004
A Pompegnino non ci fu un solo edificio risparmiato dalla furia del sisma: tutti presentavano delle lesioni Un’immagine eloquente dei danni provocati sedici anni fa Un edificio raso al suolo per motivi di sicurezza dopo la scossa di terremoto del 24 novembre del 2004

Sono passati 16 anni, ma in Valsabbia e in alto Garda nessuno dimentica la notte che fece tremare la terra e i suoi abitanti. Anche perché dopo quei 30 interminabili secondi di scosse, lo sciame sismico ha continuato a tenere in allerta a cadenze saltuarie Sabbio, Gavardo, Vobarno, Roè e Villanuova ciclicamente investiti da eventi tellurici. Pompegnino fu l’emblema del sisma del 24 novembre del 2004. Tutte le case e la chiesa della frazione di Vobarno subirono lesioni. «Ma oggi - racconta Gilberto Salvi testimone del sisma - ad eccezione di due immobili tutte le abitazioni sono state risanate o ricostruite. L’antica osteria, che già era chiusa e una palazzina deserta sono state rase al suolo, ma rispetto all’entità del terremoto è stato un danno marginale». SI PUÒ DIRE che Pompegnino dopo il sisma è rinata più bella di prima, «con il centro arricchito da pavimentazione in porfido - spiega Gilberto Salvi -. Il paese è un esempio di come si possa uscire rafforzati da una calamità naturale». Più complessa la rinascita dei luoghi di culto. «Per risanare le nostre chiese abbiamo investito oltre 5 milioni - spiega il parroco di Vobarno don Giuseppe Savio -. Nel giro di 4 anni l’agenda dei lavori era ultimata. Dal 2010 si è proceduto con la chiesa di Collio che ha ancora un po’ di debito da saldare e, infine, nel 2012 anche quella della frazione di Degagna è stata restituita ai fedeli». I costi dei restauri sono stati quasi tutti saldati. «Ci restano solo 200 mila euro da reperire per la chiesa di Degagna, ma per opere successivi all’emergenza terremoto. Abbiamo adottato un sistema efficace di mutuo aiuto: una comunità può prestare a interessi zero le proprie risorse finanziarie ad un’altra in difficoltà come Degagna, che conta solo 450 abitanti». A Sabbio la questione debiti è ancora aperta. «Per la chiesa di San Michele Arcangelo - spiega il parroco don Dino Martinelli - servono ancora 210.000 euro, mentre per San Lorenzo a Clibbio ne occorrono 280.000». Servirà ancora tempo per risanare tutte le ferite inferte dal terremoto ai luoghi di culto. C’è poi il capitolo edifici civili. «La maggior parte di quelli lesionati sono stati risanati - conferma il sindaco Onorio Luscia -. Ne rimangono 2 a Clibbio, uno a Pavone e un altro nel capoluogo all’inizio di via Sole. In quest’ultimo caso dal 2008 c’è un progetto di rilancio del privato approvato dal Comune, ma che non è ancora partito. L’immobile è comunque in sicurezza. Noi ci auguriamo che adesso, in virtù del bonus 110, il proprietario non si faccia sfuggire l’occasione per rendere più gradevole l’estetica del paese». •

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