Proprio ieri, giorno di diffusione del bilancio (parziale) dell’attività di vigilanza venatoria, l’elenco dei denunciati si è allungato con un cacciatore vagantista sorpreso a Bione a sparare a qualsiasi cosa. L’uomo è scappato ma, individuato attraverso la sua auto, è stato raggiunto a casa, dove nascondeva un arsenale di reti e trappole. È stata l’ultima operazione in ordine di tempo che ha visto sul campo i carabinieri forestale che fanno capo al Gruppo di Brescia, protagonisti, dall’apertura della stagione di caccia, della stesura di oltre 40 denunce e anche di un arresto; oltre che del sequestro di 20 fucili, di centinaia di uccelli vivi e morti e della compilazione di sanzioni per migliaia di euro. Giorni fa abbiamo pubblicato il resoconto dell’Operazione pettirosso condotta dai colleghi del Soarda, ma negli stessi giorni, e anche ora che il reparto speciale se n’è andato, i militari delle stazioni hanno continuato e continuano a contrastare il bracconaggio portando a termine operazioni molto importanti. E fonte di riflessioni sull’ampia sovrapposizione - purtroppo - tra caccia legale e stragi fuorilegge. Nel Bresciano questa è una quasi normalità; e del resto come potrebbe essere diversa la realtà se è finita nei guai per l’uccisione di specie protette e l’uso di richiami elettronici anche una vagantista che cura la formazione di chi si prepara a sostenere l’esame per ottenere la licenza di caccia? Tesserata all’Anuu migratoristi, la signora deve avere una visione molto personale del concetto di legalità; così come dell’elenco delle specie cacciabili. Perché i carabinieri forestali, che l’hanno sorpresa in azione sul territorio di Bedizzole pochi giorni fa insieme a un altro vagantista denunciato come lei, le hanno contestato l’uso del fonofil che portava addosso, e l’abbattimento di un pettirosso, di una pispola e di un fringuello. Il meglio però è saltato fuori dalla perquisizione della casa della «maestra di caccia»: oltre 300 uccelli protetti nel congelatore, tra i quali oltre cento pettirossi. TORNANDO indietro nel tempo, in ottobre i militari che fanno capo al Gruppo di Brescia hanno effettuato anche l’unico arresto (per ora) della stagione venatoria. È successo in Valsabbia, a Pertica Bassa, dopo la cattura di un uccellatore, titolare del negozio di alimentari di Ono Degno, con una tesa di quasi 180 archetti e sei reti. E sempre in Valsabbia, sul territorio di Sabbio Chiese, i carabinieri forestali hanno messo nei guai anche un cacciatore e giardiniere «infedele»: usava l’ampio parco di una villa altrui di cui curava la manutenzione per il suo hobby di uccellatore, e forse le due lunghe reti (per 30 metri) che gli sono state contestate gli hanno causato anche qualche ricaduta professionale negativa. FACEVA invece tutto in casa propria, o meglio nel terreno di pertinenza del suo capannone, l’uccellatore pluridenunciato (tre volte) sorpreso a Travagliato con sei reti, due gabbie trappola e 18 richiami vivi tutti protetti, mentre tornando ai cacciatori allergici alle regole, un blitz tra i capanni e i prati del monte Ladino di Lumezzane ha fruttato tre denunce in una sola mattina: richiami vivi vietati, fonofil e fringillidi abbattuti. Sostanzialmente la stessa situazione portata allo scoperto sul territorio comunale di Brescia. Come confermato dagli stessi denunciati, sorpresi da controlli che a loro dire non erano mai avvenuti nell’arco di decenni, il monte Maddalena è, o meglio era una sorta di zona franca, e un blitz portato a termine solo pochi giorni fa ha permesso di scoprire due capannisti che sparavano a tutto ciò che volava usando in un caso fringuelli, peppole, lucherini e frosoni come richiami vivi, e nell’altro un fonofil col canto registrato del fringuello. •