Un appello al
Papa: «Lasciateci
le suore»

di Massimo Pasinetti
Il sindaco di Anfo ha lanciato un appello anche a Papa Francesco La beata del paese della Valsabbia  suor Irene Stefani, durante la  missione in terra africana
Il sindaco di Anfo ha lanciato un appello anche a Papa Francesco La beata del paese della Valsabbia suor Irene Stefani, durante la missione in terra africana
Il sindaco di Anfo ha lanciato un appello anche a Papa Francesco La beata del paese della Valsabbia  suor Irene Stefani, durante la  missione in terra africana
Il sindaco di Anfo ha lanciato un appello anche a Papa Francesco La beata del paese della Valsabbia suor Irene Stefani, durante la missione in terra africana

C’è anche Anfo tra le tante realtà - paesi, istituzioni e scuole - costrette a fare i conti con il crollo delle vocazioni e con il congedo di importanti presenze religiose. Proprio in queste ore, infatti, è prevista la partenza delle suore missionarie della Consolata arrivate in paese 4 anni fa, e con largo anticipo sull’addio, il sindaco Umberto Bondoni ha provato a fermarlo ricordando ai vertici ecclesiastici quella suora dello stesso ordine nata in paese e diventata beata nel 2015: suor Irene Stefani. LO HA FATTO in una lettera inviata a papa Francesco, nella quale ricorda che l’abbandono ha colpito a fondo il cuore della comunità, legatissima alle proprie religiose. Recapitato in copia anche al vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada, alla casa madre della Consolata a Torino, al Centro istituto Italia (la casa generale) di Neti (Viterbo) e al parroco di Idro don Marco Pelizzari, lo scritto esordisce così: «È con gran dispiacere che accolgo la notizia che le nostre amate suore della Consolata ci lasciano per ordini superiori. Voglio ricordare che sono arrivate 4 anni fa col compito di preservare e divulgare l’immagine della nostra beata suor Irene Stefani». Aurelia Jacoba Mercede (il nome originale della beata), era nata ad Anfo nel 1891, quinta dei 12 figli di Annunziata Massari e Giovanni Stefani. Nel 1911 entrò nella congregazione delle suore missionarie della Consolata, e 3 anni dopo prese i voti e partì per il Kenya. Fino al 1920 operò in un ospedale in Tanzania (durante la Grande guerra), poi passò in Kenya, a Gikondi, dove iniziarono a chiamarla «Nyaatha», cioè «madre della misericordia». Morì il 31 ottobre 1930 di peste, dopo aver curato senza risparmiarsi altri malati. «È ingiusto toglierci le suore integrate perfettamente nella comunità - prosegue il sindaco -; sono una testimonianza di fede, grandi lavoratrici sempre disponibili per i bisognosi, gli anziani, i bambini e soprattutto gli ammalati. Svolgono con impegno la loro missione. Noi non ci stiamo, e lotteremo con tutte le nostre forze per mantenerle qui. Per noi la loro presenza è fondamentale, per il Comune e per l’intera comunità. Per questo chiediamo alle autorità ecclesiastiche un intervento. Confidiamo nella vostra disponibilità a risolvere la questione». Il primo cittadino e la gente di Anfo avranno la risposta che cercano? Per ora il sindaco, oltre l’ufficialità degli scritti aggiunge a voce che «per noi le suore della Consolata sono un punto fermo, considerato che il nostro parroco don Marco segue non solo Anfo ma anche Idro, Treviso Bresciano e Capovalle, e che quindi è da noi solo parzialmente, mentre le religiose sono sempre presenti. Per questo ci sentiamo abbandonati. Ridateci le nostre suore. Anzi, lasciatele qui». •

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