Nove anni di reclusione. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla difesa di un 49enne moldavo condannato dalla corte d’Appello di Brescia a 9 anni di carcere per violenza sessuale sulla figlia minorenne. I giudici di secondo grado avevano confermato la sentenza emessa in primo grado dal gup in occasione del processo celebrato con il rito abbreviato. Per l’imputato, che si è sempre dichiarato innocente, potrebbero a breve aprirsi le porte del carcere.
I PRIMI ABUSI sarebbero avvenuti, così ha raccontato la giovane ora maggiorenne, quando vivevano ancora in Moldavia e lei era una bambina di sette anni. Poi le violenze, rapporti completi, sarebbero proseguiti anche una volta arrivati con la famiglia (il 49enne è sposato e ha un altro figlio) nel Bresciano dove hanno vissuto tra il Garda e la Valsabbia. Anni di violenze, un incubo domestico, ma nessuno in casa si sarebbe mai accorto di nulla, terminate solo quando la giovane nel 2014 è scappata dall’abitazione di famiglia e ha raggiunto quella del fidanzato. In quel momento ha deciso di rivolgersi a un consultorio familiare dove ha raccontato la sua storia. «Sono otto anni che vengo abusata da mio padre – aveva detto agli operatori prima, ribadendo poi il suo racconto anche ai carabinieri -. Durante la notte entra nella camera che condivido con mio fratello e dopo essersi infilato nel mio letto mi violenta». Così era partita la segnalazione alla procura di Brescia che chiuse le indagini aveva chiesto il rinvio a giudizio del 49enne che non è mai stato arrestato. In primo grado l’uomo, un ex militare in Italia da oltre 15 anni dove ha lavorato come operaio, era stato condannato a nove anni di carcere più uno di misura di sicurezza a fine pena. La pena era stata confermata anche in Appello. Il 49enne si è sempre dichiarato innocente. «Con mia figlia il rapporto è sempre stato burrascoso - ha raccontato il cittadino moldavo ai giudici -. Posso forse essere stato un po’ troppo autoritario, ma non ho fatto quelle brutte cose. Anche i servizi sociali del paese in cui vivo non hanno evidenziato problemi nella famiglia. Sentite anche l’altro mio figlio, vi confermerà tutto questo. E poi non avrei potuto compiere quegli atti sessuali perché da diversi anni per una lesione alle vertebre non sono in grado di raggiungere un’erezione».
IL PROBLEMA fisico dell’imputato maturato a causa di un infortunio sul lavoro è stato accertato anche dai giudici, che però non hanno creduto alla ricostruzione dell’uomo. Secondo il moldavo l’impotenza sarebbe insorta già al momento delle violenze denunciate dalla figlia. Ma i giudici non hanno creduto alla sua versione. La difesa del 49enne, sorpresa soprattutto dalla formula con cui la corte si è pronunciata, attende ora le motivazioni della sentenza poi potrebbe rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo o chiedere la revisione del processo.