Il banco piange,
negozianti
in apnea

di Marco Benasseni
Situazione sempre più difficile per i commercianti
Situazione sempre più difficile per i commercianti
Situazione sempre più difficile per i commercianti
Situazione sempre più difficile per i commercianti

È una forma di resistenza anche per loro di questi tempi. Così tengono duro i negozi di alimentari della Valtrompia, che dall’inizio dell’emergenza sanitaria stanno contribuendo come possono ad aiutare le persone anziane e in quarantena. I piccoli negozi di vicinato sono ormai abituati a battagliare per la sopravvivenza, ma mai come oggi la sfida si sta facendo ardua. Oltre ai pensieri legati al crollo del cassetto, c’è la preoccupazione di far quanto possibile per lavorare in sicurezza, anche quando si porta la spesa a domicilio. «È UNA SITUAZIONE terribile, almeno noi siamo aperti e un po’ lavoriamo - racconta una negoziante di piazza Cesare Battisti, a Sarezzo - Cerchiamo di fare quello che possiamo. La gente sta rispettando i divieti, in giro ci sono pochissime persone. In negozio facciamo entrare un cliente alla volta, massimo due. Quando andiamo a portare la spesa a casa ai pensionati o a chi si trova in quarantena tocchiamo con mano la difficoltà che stanno vivendo molte famiglie: la paura per la malattia, ma anche l’incertezza per il domani». Dopo qualche parola la donna si commuove e a stento trattiene le lacrime. «Entra la metà della gente che vedo di solito e ovviamente quelli che abitano in altri Comuni non possono venire - spiega la proprietaria del negozio di frutta e verdura davanti al municipio - Teniamo aperto, lavoriamo quello che possiamo, che altro possiamo fare?». Insomma, mandare avanti una bottega di paese era difficile prima, figuriamoci adesso. Sono in pochi quelli che segnalano la ricomparsa di alcuni vecchi clienti tornati in negozio per sfuggire alle code dei supermercati. Anche nel resto della Valtrompia il trend non è diverso. C’è chi tiene aperto, soprattutto per offrire un servizio essenziale, ma anche chi teme di non poter riaprire. «Le spese fisse le abbiamo comunque, l’affitto è da pagare - aggiunge una parrucchiera di Villa Carcina - ma sinceramente non so come farò. Gli affari non andavano a gonfie e vele nemmeno prima, figuriamoci ora. E con la riapertura sarebbe ingenuo aspettarsi lo stesso incasso di qualche mese fa». Lo stesso discorso vale per bar e ristoranti, preoccupati per l’evolversi della situazione. I più tranquilli sono quelli con i muri di proprietà: «Dovremo stringere la cinghia, rinunceremo alla vacanza, poco ma sicuro, ma non avere il costo di un affitto è un grosso pensiero in meno». E gli ammortizzatori sociali? Su questo aspetto sono tutti consapevoli che, a parte l’una tantum, potranno contare solo su se stessi e su qualche sconto per quanto riguarda tributi. Forse. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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