«Mai trovate nei forni tracce di Mario Bozzoli»

Giacomo Bozzoli, unico imputato nel processo per la scomparsa dello zio Mario, entra in tribunale accompagnato dai propri avvocati difensori
Giacomo Bozzoli, unico imputato nel processo per la scomparsa dello zio Mario, entra in tribunale accompagnato dai propri avvocati difensori
Giacomo Bozzoli, unico imputato nel processo per la scomparsa dello zio Mario, entra in tribunale accompagnato dai propri avvocati difensori
Giacomo Bozzoli, unico imputato nel processo per la scomparsa dello zio Mario, entra in tribunale accompagnato dai propri avvocati difensori

•• Se si fosse su un ring per un incontro di pugilato, e non in una aula di tribunale, verrebbe da dire che il round se lo è aggiudicato la difesa dell’imputato. Questo quello che è emerso dall’ultima udienza del processo per la scomparsa di Mario Bozzoli, l’imprenditore di Marcheno svanito nel nulla nell’ottobre di cinque anni fa. Unico imputato, accusato di omicidio volontario e distruzione di cadavere è Giacomo Bozzoli, il nipote dell’imprenditore della Valtrompia di cui da più di cinque anni non si hanno notizie. A segnare il punto a favore della difesa di Giacomo Bozzoli sono stati gli uomini del Ris dei carabinieri che nel corso delle indagini, ma non solo, hanno cercato di fare chiarezza sul giallo di Marcheno. «Nella fabbrica non abbiamo trovato alcuna traccia ematica significativa - ha sottolineato davanti alla Corte d’assise del tribunale di Brescia Nicola Staiti, uno degli ufficiali del Ris dell’Arma, salito in valle per fare chiarezza sulla scomparsa. «Non abbiamo trovato alcuna traccia significativa - ha spiegato - Né nel sito produttivo, né tantomeno all’interno dell’automobile che usava Giacomo Bozzoli. Nel bagagliaio del Suv, dove avrebbe potuto nascondere il corpo, le analisi scientifiche non hanno rilevato nulla di anomalo». Un duro colpo per la ricostruzione degli inquirenti secondo cui Giacomo Bozzoli dopo avere ucciso lo zio ne avrebbe caricato il corpo sulla sua auto per farlo poi sparire chissà dove. «Qualche luminescenza l’abbiamo rilevata - ha ricordato l’ufficiale del Ris - Ma nulla di particolarmente sospetto». Per la procura generale di Brescia, che ha avocato a sé le indagini, Giacomo Bozzoli avrebbe ucciso lo zio per questioni economiche per poi disfarsi del cadavere. Il corpo, questa la prima ipotesi degli inquirenti, avrebbe potuto finire in uno dei forni della fonderia di Marcheno. Una possibilità smentita dalle relazioni dei consulenti che hanno esaminato i forni e le scorie prodotte che però contrasterebbe con ciò che i cani molecolari portati a Marcheno avrebbero individuato fiutando le tracce dell’imprenditore. «Il cane che conducevo mi ha portato in un locale della fabbrica che stava sopra i forni - ha sottolineato in aula chi ha coordinato il lavoro di fiuto degli animali - Il cane ha puntato una finestra che dava sopra i forni e gli scarti prodotti dalle lavorazioni. Altre tracce non sono state fiutate, nemmeno vicino al cancellino sul retro che permetteva di accedere all’argine del Fiume Mella che è stato comunque ispezionato senza però trovare una soluzione alla scomparsa».•.

Suggerimenti