Richieste di soldi e botte In aula si dissolve tutto

di PA.CI.

L’accusa più grave è stata derubricata da tentata estorsione a esercizio arbitrario delle proprie ragioni (così aveva chiesto la difesa dei due imputati), e in assenza di querela, la parte offesa l’ha revocata durante l’udienza. Su queste basi, il giudice ha disposto il non luogo procedere. Si è chiuso così il processo a carico di una coppia, un uomo e una donna di 45 anni, accusati di aver cercato di taglieggiare un imprenditore 52enne di Lumezzane con cui la signora, tra il 2001 e il 2002, aveva avuto una relazione. Il pm Marzia Aliatis aveva chiesto 16 mesi di reclusione per lei e 3 anni per lui. La ricostruzione della vicenda? Nel maggio di due anni fa, insieme al compagno attuale la donna avrebbe raggiunto l’imprenditore fuori dalla sua azienda di Lumezzane per chiedergli 60mila euro: la somma avrebbe dovuto risarcire la perdita, 18 anni prima, del bambino che la donna avrebbe aspettato dal lumezzanese. L’imprenditore si era rifiutato e, come aveva denunciato ai carabinieri subito dopo, era stato colpito con una testata al volto dal nuovo compagno della sua ex. Davanti al giudice l’imprenditore ha confermato il racconto fatto ai carabinieri nella primavera del 2018, ma avendo ritirato la querela (l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni è procedibile solo in seguito alla denuncia della parte offesa) le accuse sono cadute. «Siamo stati insieme otto mesi - ha spiegato l’aggredito -; poi per diversi anni non l’ho più vista né sentita. Nel 2016 ci siamo incontrati per caso e dall’anno successivo ho iniziato ad aiutarla economicamente. Al telefono mi aveva spiegato dell’interruzione di gravidanza di tanti anni prima dicendo che quel figlio era mio». •

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