Veleni nel Gobbia, la «tregua» è già terminata

di P.BAL.
I prelievi nella ditta denunciata
I prelievi nella ditta denunciata
I prelievi nella ditta denunciata
I prelievi nella ditta denunciata

Nei giorni del lockdown, anzi proprio alla vigilia della prima, parziale riapertura delle attività produttive, qualcuno da Lumezzane aveva inviato al nostro quotidiano un paio di immagini del torrente Gobbia tornato quasi «normale», risparmiato per settimane dai ricorrenti scarichi industriali che nell’arco di decenni lo hanno trasformato in una bomba chimica. Nel servizio pubblicato ci si chiedeva quanto sarebbe durata questa «normalità» in seguito alla riapertura delle fabbriche, e la risposta è arrivata l’8 maggio: poco; pochissimo. L’ENNESIMO killer del torrente è entrato in azione in quel giorno, nel pomeriggio, con le vesti del titolare di un’azienda specializzata in trattamenti galvanici che si era disfatto di una buona dose di pericolosissimo cromo esavalente lasciandolo semplicemente finire del corso d’acqua. Un pensiero davvero carino, che per fortuna non ha avuto estimatori e neppure collusioni. Una segnalazione ha fatto infatti arrivare rapidamente sul posto i carabinieri forestali della stazione di Concesio, e i militari, affiancati da tecnici dell’Arpa e dell’Ats di Brescia, sono risaliti in pochi minuti a uno scarico nel Gobbia collocato lungo via Seneci. C’è voluto poco per stabilire la natura della sostanza inquinante. Utilizzato appunto nelle lavorazioni galvaniche dei metalli, il cromo esavalente ha avvelenato le falde di tutta la Valtrompia e di larga parte dell’asta fluviale del Mella fino e oltre Brescia, e si sa da decenni che è un potente cancerogeno capace di provocare tummori dello stomaco, delle prime vie aeree e dei polmoni. PURTROPPO è anche solubile in acqua, ed è per questo che in mezza provincia è stato necessario installare sistemi specifici di trattamento delle acque di falda destinate al consumo umano. Tornando all’ultimo caso di avvelenamento, i carabinieri forestali di Concesio si sono messi subito al lavoro per risalire al responsabile, e per questo, utilizzando un robot di piccole dimensioni in grado di muoversi all’interno delle tubazioni e di registrare le sostanze presenti, hanno percorso a ritroso il flusso del veleno scoprendo prima una fossa biologica sempre in via Seneci, e poi un pozzetto per la raccolta delle acque meteoriche provenienti appunto da una galvanica. Trovata la fonte, ovvero la fabbrica, i militari l’hanno passata al setaccio, individuando nel pozzetto e nella condotta che lo collega alla fossa tracce importanti di cromo. TERMINATA la ricostruzione ed effettuati i campionamenti dei materiali presenti nella rete di smaltimento idrico, il sistema di scarico dell’acqua piovana della ditta lumezzanese è stato messo sotto sequestro, e il titolare è stato denunciato per il reato di smaltimento illegale di rifiuti. Le sanzioni a suo carico prevedono l’arresto da sei mesi a due anni e un’ammenda che, trattandosi di sostanze pericolose, può arrivare fino alla somma di 26mila euro. •

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