Cinque milioni di api sterminate dagli antiparassitari del mais

di Cinzia Reboni
Individuata la presunta causa della moria di api nella Bassa brescianaUno degli apicoltori di Quinzano colpiti dal disastro ambientale
Individuata la presunta causa della moria di api nella Bassa brescianaUno degli apicoltori di Quinzano colpiti dal disastro ambientale
Individuata la presunta causa della moria di api nella Bassa brescianaUno degli apicoltori di Quinzano colpiti dal disastro ambientale
Individuata la presunta causa della moria di api nella Bassa brescianaUno degli apicoltori di Quinzano colpiti dal disastro ambientale

Sarebbero due sostanze, impiegate per la lotta alla diabrotica e alla piralide del mais, ad aver provocato la moria di api che si è verificata in agosto in una fascia di circa 6 chilometri tra Villagana e Bompensiero, frazioni di Villachiara, Acqualunga di Borgo San Giacomo, Quinzano ed i Comuni cremonesi di Azzanello e Genivolta. QUASI CINQUE MILIONI gli esemplari morti in soli due giorni: una vera e propria strage di insetti impollinatori, così importanti per la biodiversità e la produzione di alimenti di origine vegetale. Gli accertamenti sanitari hanno portato ad escludere possibili cause infettive degli insetti, evidenziando invece un uso delle sostanze antiparassitarie in particolari momenti di fioritura. «Come prevede il protocollo regionale, abbiamo effettuato dei sopralluoghi per verificare la causa della morte, ed abbiamo potuto constatare che effettivamente la causa non è legata ad una particolare patologia - spiega il dottor Carlo Madoglio, responsabile delle Anagrafi zootecniche del Dipartimento di prevenzione veterinaria dell’Ats Val Padana di Cremona, che da vent’anni si occupa di patologie apistiche -. Generalmente si nota soltanto uno spopolamento, perchè le api muoiono in campo e rimangono soltanto quelle “di casa“, mentre in questo caso si è verificata la mortalità di intere famiglie». EFFETTUATI I PRELIEVI, sia di api che di materiale apistico come favi e polline, i campioni sono stati inviati all’Istituto Zooprofilattico di Brescia. I dati saranno incrociati e nei prossimi giorni arriverà il responso ufficiale. Ma ormai sembrano esserci pochi dubbi. «Solitamente vengono valutate 5 classi di pesticidi - spiega Madoglio -, dopo di che si aspetta l’esito. Come Ats abbiamo prelevato matrici di origine animale, mentre i carabinieri forestali di Cremona, che hanno effettuato con noi il sopralluogo congiunto, hanno prelevato matrici di origine vegetale, deputate ad eventuali controlli nel settore agricolo». Individuate le due sostanze killer, «abbiamo preso i provvedimenti necessari per garantire la salute di apicoltori e consumatori. La moria - precisa l’esperto di Ats Val Padana - non è legata a nessun uso spropositato o errato dei due insetticidi, quanto piuttosto alla presenza di fattori predisponenti. Da quello che si è potuto constatare sia nel corso del sopralluogo congiunto, sia sentendo gli apicoltori, potrebbero essere due i fattori riconducibili alla “strage“: la soia in fioritura attira le api, e se c’è una deriva di prodotto dai campi di mais a quelli di soia, che sono alternati, questo può causare un problema di avvelenamento. La seconda ipotesi è legata alle diverse fasi fenologiche del mais: quando è in fioritura produce polline, che viene bottinato dalle api, ma se viene fatto il trattamento in fase di fioritura differente rispetto ai campi vicini, può portare all’avvelenamento degli insetti». LE INDAGINI sulla verifica del corretto utilizzo dei prodotti, di competenza dei carabinieri forestali, sono tuttora in corso. Resta nel frattempo la preoccupazione di un settore messo in ginocchio dalla strage di agosto: la nostra provincia conta circa 119 imprese, per un totale di circa 30 mila alveari, custoditi da oltre 1.000 appassionati, che producono oltre 300mila tonnellate di miele, propoli, cera e derivati. •

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