L’emergenza sbarchi li ha riportati alla ribalta. I centri di permanenza e rimpatrio stanno infiammando il dibattito tra i governatori delle Regioni e Roma. Il primo nel Bresciano avrebbe dovuto vedere la luce sette anni fa, durante l’ondata di profughi, ma naufragò nella tempesta politica bipartisan e nei gorghi di costi e problemi tecnici insostenibili. Quella della riconversione della ex caserma Serini di Montichiari è del resto una storia di sprechi all’italiana.
All'origine della decisione di riconvertire la Serini in un Cpr
Nel 2016, nel pieno dell’esodo di persone in fuga da guerre civili, miseria, persecuzioni razziali e religiose e regimi dittatoriali, il governo del premier Renzi (ministro degli Interni Angelino Alfano) stabilì di riconvertirla in centro di accoglienza per i profughi da 190 posti. La protesta trasversale e collettiva di istituzioni e cittadini bresciani rallentò il progetto, ma non impedì di effettuare una serie di lavori propedeutici. Per aggiustare il tiro, il governo varò un secondo progetto che puntava a trasformare l’edificio militare in una struttura di accoglienza temporanea per gli stranieri da rimpatriare poiché privi dei requisiti di rifugiati o perché gravati da reati penali. Anche questa operazione si rivelò un flop.
La mobilitazione e lo stop al progetto
Sindaci, Provincia e Regione reagirono spalleggiando la mobilitazione dei residenti. Nessuno era d’accordo e contestava i rischi per la sicurezza, i costi proibitivi e le presunte ricadute negative sullo sviluppo dell’aeroporto. Dopo la parentesi del governo di transizione guidato da Paolo Gentiloni, la coalizione Lega-M5s cancellò definitivamente l’idea. Il sindaco Marco Togni ricorda la telefonata di Matteo Salvini, titolare del Viminale dell’epoca. «Mi disse: Marco, la Serini l'abbiamo cancellata. Non se ne fa più niente».
Il degrado
Nel frattempo nell’adeguamento sono stati dilapidati quasi 4 milioni (tra fognature e opere murarie) compresa la perdita del materiale della Protezione civile, come tende e servizi igienici chimici, resi inutilizzabili dalle intemperie. In stato di abbandono, il sito è stato saccheggiato dai ladri, devastato dai vandali e diventato un rifugio per sbandati. Un anno fa è crollato anche un muro. Una fine ingloriosa per il baluardo realizzato come difesa all’aerobase militare di Ghedi. Nel 2016 il governo aveva ipotizzato 20 strutture da 100 posti, una per regione.
E ora? Il sindaco di Montichiari: «Deve essere venduta»
Non si esclude che alcune delle scelte dell’epoca possano essere riproposte, insieme ad altre compatibili con i requisiti stabiliti dal governo: lontane dai centri urbani, perimetrabili, facilmente controllabili. Meglio se vicine a un aeroporto per favorire i rimpatri rapidi. La reazione Ma Togni è sereno: «Considero la scelta di realizzare un Cpr nell'ex caserma Serini al pari del commento Fantozzi sul film "La corazzata Potemkin". La Serini è in mano all'Agenzia del Demanio e deve essere venduta. Noi abbiamo fatto la trasformazione urbanistica all'interno del Pgt e manterremo questa linea davanti a chiunque. Il mandato è quello di venderla e stiamo portando avanti questa linea al fine di valorizzare l'area, da sedime aeroportuale, al fine di urbanizzarla a supporto dell'aeroporto come area logistica per le attività produttive».
Il sindaco incalza: «Abbiamo fatto una battaglia come cittadini e come Lega di Montichiari, supportata anche a livello provinciale. Bisognava dare una sferzata. C'è stato uno sperpero enorme di denaro. Sarebbe assurdo ripetere l’errore ora che al governo c’è il Carroccio». Sette anni fa era stato ipotizzato che l’investimento nella riconversione a fini umanitari del sito militare dismesso sarebbe costato 3 milioni e 250 mila euro, ma i costi erano quasi raddoppiati in fase di progettazione. Oggi, a meno di non voler realizzare una tendopoli all’interno delle camerate, l’allestimento avrebbe costi elevatissimi.