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Brescia torna a manifestare per una "Palestina libera": solidarietà anche dal mondo della sanità

di Giada Ferrari
Alla manifestazione erano presenti una ventina di rappresentanti delle professioni sanitarie in un flash mob con il camice
Presidio pro-Palestina con i medici
Presidio pro-Palestina con i medici
Presidio pro-Palestina

Come ogni sabato si torna a manifestare per esprimere solidarietà e sensibilizzare l'opinione pubblica sulla tragica situazione che si sta vivendo in Palestina. Oggi, 18 novembre, in piazza Rovetta ha preso il via un presidio stazionario intrecciato ad una serie di iniziative: dall’allestimento della piazza con le storie commoventi dei sanitari palestinesi che hanno perso la vita ai flashmob, fino alle proiezioni di filmati arrivati direttamente dalla Palestina. Il tutto corredato da interventi e dalla presenza del personale sanitario bresciano, pronto a testimoniare la propria vicinanza ai colleghi sulla Striscia di Gaza.

Il presidio per la "Palestina libera"

L’indignazione è palpabile, soprattutto considerando che sono trascorsi circa 40 giorni dall'inizio delle violenze a Gaza. I numeri sono sconvolgenti, con circa 15.000 persone che hanno perso la vita, di cui 5.000 bambini. Recentemente, sono stati attaccati anche due edifici scolastici, causando la morte di altre 200 persone. A cui si aggiunge il milione e mezzo di profughi, cittadini che hanno perso la propria casa, distrutta con «la scusa» di cercare 200 militanti di Hamas. Il grido si leva ancora più alto: «Palestina Libera».

Presenti i medici bresciani

Alla manifestazione erano presenti una ventina di rappresentanti delle professioni sanitarie. Tra questi, la ginecologa Donatella Albini, che ha condiviso la sua esperienza personale: «Sono andata in Palestina ed ero pronta a ripartire: una rete di telemedicina in Palestina chiede ostetriche, chirurghi, medici anche solo per una consulenza, ma è impossibile raggiungerli. Si sta compiendo un genocidio, si stanno uccidendo scientemente bambini e bambine». L’obiettivo perciò è portare le loro voci al mondo, e sensibilizzare la popolazione. «Scendiamo in piazza e diamo per quanto possibile una mano - prosegue Albini -. Ho scelto di fare la ginecologa perché volevo mettere al mondo il mondo con le donne. Sono 50mila le donne a Gaza che devono partorire in Palestina e non sanno come fare. Pensiamo ai bambini prematuri, a tutti coloro che hanno bisogno di cure, affermiamo il diritto alla vita».

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