L’ANNIVERSARIO

Brescia, la tipografia «Teco» taglia il traguardo del secolo

di Marta Giansanti
Terza generazione alla guida di una realtà storica nel centro della città. Dal 1923 ha superato una guerra mondiale e cambiamenti epocali: da quasi 40 anni è gestita da Guido Lovato, nipote del fondatore, con la moglie Marisa
100 anni di Teco

Una storia lunga 100 anni, in un susseguirsi di eventi straordinari, di cambiamenti epocali e di fatti storici, che hanno caratterizzato la tipografia «Teco di Lovato, Stampatori in Brescia dal 1923» di via Aleardo e Aleardi. Una storica pagina del commercio bresciano che parte da molto lontano in termini di spazio e di tempo.

La storia della nascita della tipografia

Era la fine del 1800 quando, in alta Valcamonica, don Romolo Putelli decise di dar vita alla tipografia. Ma fu solo agli inizi del ‘900 che, per questioni lavorative, il parroco decise di trasferirsi in città e pochi decenni dopo venne rilevata da Giuseppe Lovato, all’epoca dipendente della storica casa stampatrice Apollonio. «Mio nonno riuscì ad averla grazie a un aiuto del suo datore di lavoro: da lì cominciò questa stupenda avventura». Inizia così il racconto di Guido Lovato, terza generazione di una tipografia che, negli anni non ha mai cambiato sede se non per una piccola parentesi «obbligata»: il bombardamento della città da parte delle truppe americane.

L'attacco degli Alleati e i bombardamenti

«Era il 2 marzo del 1945 quando l’attacco degli Alleati rase al suolo ogni cosa - racconta Guido mostrando le fotografie dell’epoca -. Mio padre mi raccontava che la bomba cadde proprio sopra un macchinario per la stampa, che allora avevano un ripiano di ghisa molto spesso e che fece da amplificatore della potenza, tagliando a metà l’intero edificio. Su questa porzione di strada rimase in piedi solo la targa della nostra tipografia e il palazzo vicino». A seguito della distruzione, l’attività trovò una sede provvisoria in una stanzetta data in prestito all’interno dell’ex Tribunale di via Moretto, oggi «casa» del Mo.Ca.. «Nel frattempo mio nonno, mio zio e mio padre si impegnarono a ricostruire ciò che non c’era più: lavori che terminarono a metà degli anni Cinquanta. Insieme a mia moglie Marisa ne presi le redini nel 1986».

L'avvento del computer e le tradizioni artigianali di Teco

Quasi 40 anni di vita dedicata all’artigianalità, seguendo le evoluzioni del tempo per non restare indietro, tra cui proprio l’avvento del computer, senza però mai dimenticare il passato. «Siamo pressoché gli unici ad utilizzare ancora una storica stampante tedesca a caratteri mobili in piombo, costruita dalla fabbrica Heidelberg e ben funzionante. Tanti tipografi, i più giovani, non sanno nemmeno cosa sia, noi invece la utilizziamo per i lavori più pregiati: partecipazioni di matrimonio, biglietti da visita, carta per lettere intestata». Un mestiere profondamente mutato nei decenni. «Il digitale ha permesso di aumentare la qualità, la precisione e la velocità ma purtroppo ha anche decretato la fine del contatto umano. Prima - spiega la coppia - i rapporti interpersonali erano all’ordine del giorno: le bozze dei lavori venivano portati a mano dai committenti o, al contrario, erano loro a venire in sede. Poi è arrivato il fax che ha ridotto solo parzialmente le distanze. Fino ad oggi in cui quasi ogni contatto è venuto meno: da lavoro artigianale si è passati a un lavoro digitale, sminuendone il valore e la soddisfazione. Una professione, con l’accezione artigianale, che è destinato nel giro di pochi anni a scomparire».

La concorrenza sleale del web e della Cina: la qualità del lavoro è la prima a venir meno

Una «condanna» dovuta anche alla spietata concorrenza del web. «In tantissimi ora utilizzano internet: con pochi click creano il prodotto desiderato con spedizione a casa. Sicuramente risparmiano in denaro ma la qualità ne risente parecchio e non mancano gli insoddisfatti che, poi, si rivolgono a noi». Una tipografia artigianale tra le più longeve nel Bresciano, fregiata da Regione Lombardia con il marchio «Bottega artigiana storica» e che al suo interno conserva molti «reperti» antichissimi tra cui una macchina tipografica in miniatura: utilizzata in Adamello durante la Grande Guerra per realizzare gli spacci da consegnare alle postazioni e per stampare «La Mitraglia», il giornaletto più ad alta quota d’Italia.

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