SANITA'

I medici di famiglia bresciani sono sempre più sotto stress

I numeri vanno bene, a preoccupare è l'enorme mole di lavoro spesso burocratico
Per i medici di base sovraccarichi di lavoro e prospettive che non sembrano rosee
Per i medici di base sovraccarichi di lavoro e prospettive che non sembrano rosee
Per i medici di base sovraccarichi di lavoro e prospettive che non sembrano rosee
Per i medici di base sovraccarichi di lavoro e prospettive che non sembrano rosee

I medici di famiglia nel Bresciano ci sono, a oggi, e, come garantisce Ats, «ciascuna persona del milione e 13 mila assistiti adulti ha un suo medico di riferimento». Questo grazie all’enorme mole di lavoro che i medici bresciani in questi anni si sono sobbarcati, una mole in continua crescita e notevolmente appesantita dalla pandemia e dalla burocrazia.

Se infatti il rapporto ottimale teorico calcolato da Regione Lombardia è di 1 medico di base per ogni 1300 assistiti, in realtà mediamente ogni medico bresciano ha circa 150 assistiti in più. Stime che si basano sul fatto che in provincia secondo gli ultimi dati disponibili (riferiti al 2020) recuperati da Bresciaoggi, ci sono 690 medici (250 donne e 440 uomini) quindi 1468 per medico. Questo di media, perché, come informa Ats, «ci sono medici di famiglia che ne hanno di meno, ovvero i titolari corsisti (frequentanti cioè il corso di medicina generale) che assistono tra le 650-1000 persone; mentre la maggior parte che ha un massimale reale di 1500 che può arrivare a 1800».

In Ats-Brescia insomma non c’è la situazione di grave carenza di medici di base come invece avviene in altre province o aree lombarde, ma anche nel Veronese; comunque ogni medico di Medicina Generale bresciano ha un carico di lavoro molto alto, a fronte di una remunerazione inferiore rispetto per esempio a Emilia Romagna e Veneto che hanno fatto scelte diverse di politica sanitaria rispetto alle cure primarie. In Lombardia insomma la professione è meno «appetibile» e nei prossimi anni, quando gran parte dei medici di famiglia andrà in pensione, il problema potrebbe porsi. Ats in realtà rassicura: «Tutti i medici andati in pensione, a oggi sono stati sostituiti e attualmente abbiamo un riferimento certo: la data di cessazione stabilita dalla convenzione che è 70 anni. Abbiamo il corso di medicina generale, così come abbiamo una misura assunta da Regione cioè quella di aver fatto sì che i medici in corso, già dal primo anno, possano diventare titolari: il trend quindi è che il bisogno è coperto. Le nuove generazioni che stiamo formando e che stanno già prendendo la convenzione ci offrono insomma dei numeri che confortano».

Molto meno ottimista Angelo Rossi, segretario bresciano della Federazione italiana medici di famiglia (Fimmg): «Ci sono tanti bandi scoperti, inoltre per ogni medico che va in pensione, spesso anzitempo (questi casi sono aumentati negli ultimi anni) non ce ne è automaticamente uno nuovo. E se nell’arco di 5 ann dovesse andare in pensione il 30/40% dei medici senza che ci sia stata una programmazione per coprire il turnover, il sistema rischia di collassare. Questo è aggravato dal fatto che al corso di medicina generale di cui è stato fatto l’esame di ammissione si sono presentati meno medici dei posti disponibili: è un posto di lavoro appetibile perché si trova lavoro subito, ma ci sono tantissimi posti scoperti. Questo perché non è stata fatta programmazione negli anni scorsi. Come Fimmg sono anni che lo segnaliamo: il problema è che la programmazione veniva fatta dal Ministero delle finanze sul dato storico e questo, unito al numero chiuso in università, ha determinato che l’età media dei medici in Italia è la più alta al mondo e che la platea di medici della pletora degli anni Ottanta andrà in pensione entro i prossimi cinque anni determinando un netto squilibrio». •.

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