Una forza d’animo inesauribile, ma anche tanta pazienza e fiducia nella giustizia, sorreggono da 24 anni Matteo Baraldi, 46enne di Sirmione che ebbe un gravissimo sinistro stradale il 6 settembre del 1999 e ancora attende una sentenza definitiva sul risarcimento chiesto per la perdita del braccio destro, che la lamiera di un guardrail, già danneggiato da un precedente incidente e reso fatalmente tagliente, gli amputò di netto. Un trauma incancellabile Matteo è una di quelle persone la cui vita è straordinaria nel suo tentativo di essere ordinaria.
Sposato, due figlie splendide, lavora part time come amministrativo nella Polizia locale di Sirmione. Ma è privo del braccio destro, perduto in quel modo traumatico, e ogni giorno combatte contro dolori che talvolta sono così forti da non farlo dormire la notte.
Il giorno dell’incidente
Matteo aveva 21 anni lavorava come tecnico alla Federal Mogul di Desenzano, si era iscritto all’Università di Ingegneria meccanica e aveva una passione immensa per la motocicletta. «Stavo facendo un giro in moto dietro casa - racconta Matteo -: c’era del fango sulla strada lasciato dai trattori e, sul cavalcavia di Pozzolengo, la moto con cui andavo alla velocità consentita (come documentato dalle perizie cinematiche) scivola e io volo contro il guardrail».
Lamiera come un rasoio
Poteva essere una banale «strisciata», di quelle che lasciano qualche graffio, ma quel guard rail ha cambiato la vita di Matteo per sempre. «Quel pezzo di lamiera - spiega Baraldi - era danneggiato da un sinistro avvenuto tre anni prima: era come un rasoio che mi ha reciso il braccio. Ero a terra, ma cosciente: l’istinto e la voglia di vivere, mi fecero trovare la forza di reagire».
Il braccio in una scatola-frigo
Momenti impossibili da dimenticare: un agricoltore si avvicina e prova a rassicurarlo, sul posto accorrono il papà e il fratello, i soccorritori in elicottero. «Chiedo: dov’è il mio braccio? È qui, mi dicono, e indicano una specie di frigo». In sala operatoria un altro flash back: «Dottore mi riattacca il braccio vero? Ragazzo - risponde il chirurgo - per riattaccarlo mi servono otto ore e mezza, se non pensiamo al resto hai solo sei ore di vita».
La scelta dei medici: salvargli la vita
Infatti, oltre al braccio amputato, Matteo ha le costole rotte, il polmone bucato, il rene tagliato in due, il fegato danneggiato. Lui ce la fa, è un guerriero, ma la convalescenza è dura. Prova a tornare al lavoro, ma l’impiego non può più essere lo stesso. Però lui è caparbio: pur di poter risalire su una moto riesce a far modificare il Codice della strada, dando la possibilità a tanti altri ragazzi italiani di fare altrettanto.

Nel suo percorso trova tanti ostacoli e qualche aiuto, come il centro protesi di Budrio, la sua famiglia, l'avvocato Caterina Caterino. Ritorna in sella e, su una pista, dimostra che una moto si può guidare anche senza un braccio, ma con una protesi adeguata. Matteo fa scuola, ma non è più lo stesso.
La lunga battaglia legale
Alla lotta contro il dolore e contro una vita tutta in salita combatte un’altra battaglia: quella legale. Da anni lo assiste l’avvocato Caterina Caterino che ricorda il tortuoso percorso con la prima causa del 2011 che dà ragione, in primo grado, a Matteo, poi l’appello nel 2014 con il ribaltamento della sentenza che lo obbliga a pagare anche le spese legali, quindi la Cassazione che torna a dare ragione a Matteo. Di nuovo un secondo appello, ma Matteo e il suo avvocato Caterina vincono ancora.
La richiesta di sospensiva
Ma non è finita: vi è una richiesta di sospensiva della controparte, rigettata, e ancora un nuovo ricorso in Cassazione. Una battaglia in sei round, di cui Matteo e il suo avvocato ne hanno vinti cinque, aspettando il prossimo, forse l’ultimo, dopo 24 anni. Il Consiglio comunale di Pozzolengo ha recentemente deliberato di accantonare dal 2023 al 2025 complessivamente 750 mila euro. Ma al momento a Matteo non è arrivato un centesimo, da quel lontanissimo 1999.