Ruben Andreoli «ha dimostrato la totale incapacità di inibire i propri istinti violenti e manifestato contro la madre un inaudito e crudele accanimento, scatenatosi per banali liti domestiche legate al fatto che la vittima si fosse rivolta in modo irrispettoso nei confronti della nuora e avesse gettato via le foto del matrimonio dei due coniugi». È quanto ricostruito dal gip di Brescia che ha convalidato il fermo e mantenuto in carcere il 45enne che venerdì sera a Sirmione ha ucciso a calci e pugni la madre di 72 anni Nerina Fontana.
«Egli è da ritenersi soggetto altamente pericoloso per l'elevato rischio di ricaduta nel reato avendo dato prova della capacità di uccidere in modo del tutto imprevedibile e senza alcuno scrupolo» scrive il gip. La moglie dell'uomo, di origini ucraine che dal 2010 viveva in casa con il marito e la suocera, ha confermato la natura del litigio spiegando che già da dieci giorni madre e figlio non si parlassero e che Nerina Fontana aveva revocato l'autorizzazione al figlio ad operare sul suo conto corrente. "Il clima in casa era sempre stato sereno e mio marito non ha mai avuto reazioni violente durante le liti".
L'interrogatorio
Si è avvalso della facoltà di non rispondere Ruben Andreoli. L'interrogatorio di convalida del fermo che si è svolto questa mattina al Nerio Fischione davanti al Gip non ha fornito dunque chiarimenti sul movente del terribile delitto. «È ancora troppo scosso e sotto choc», si è limitato a commentare l'avvocato Matteo Raffaglio, che difende il 45enne
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«Non ricordo nulla», aveva detto Andreoli in caserma, nelle ore successive al delitto e prima del crollo emotivo, avvenuto quando aveva appreso della morte della madre. Secondo le prime testimonianze, in particolare quella della nuora, i dissidi tra madre e figlio sarebbero nati in seguito all'ipotesi avanzata da quest'ultimo di lasciare il lavoro e l'Italia per trasferirsi con la moglie in Ucraina. Continuano dunque gli accertamenti per chiarire cosa abbia mosso la furia omicida del 45enne.
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