brescia insolita

L'eccidio nazista di Rodengo Saiano

di Marco Tiraboschi
Villa Fenaroli fu la base operativa di un'unità delle SS guidata dal comandante Alois Thaler che nel 1945 fucilò un gruppo di partigiani e il loro comandante
Il comandante delle SS Alois Thaler, responsabile dell'eccidio nazista a Rodengo Saiano
Il comandante delle SS Alois Thaler, responsabile dell'eccidio nazista a Rodengo Saiano
Il comandante delle SS Alois Thaler, responsabile dell'eccidio nazista a Rodengo Saiano
Il comandante delle SS Alois Thaler, responsabile dell'eccidio nazista a Rodengo Saiano

Nel territorio di Rodengo Saiano, tra le colline boscose, c'è una bella località chiamata Corneto, una delle più suggestive del territorio. Nel paesaggio, rigato dalle tranquille acque del Gandovere dove appoggia un antico mulino, svetta la massa bianca e ocra di villa Fenaroli, una raffinata dimora barocca modificata nel XIX secolo dall'architetto Tagliaferri. Tutto sembra trasmettere pace e tranquillità, niente fa sospettare le atrocità che qui sono avvenute. Siamo nel 1945, alla fine della guerra e sappiamo, come ci ricordano le parole di Solzenicyn, che «in guerra il male si raccoglie con un secchio, il bene con un cucchiaino». Qui di male ce n'è parecchio da quando la bella villa Fenaroli si trasforma in base operativa di un'unità delle SS guidata dal comandante Alois Thaler.

Thaler, detto «gamba di legno» è altoatesino, fanatico nazista, ha combattuto per la Germania perdendo l'arto destro sul fronte russo. È a capo di uno stanziamento di 400 soldati che suscita terrore nel piccolo paese spaccato tra la volontà di sostenere le operazioni dei partigiani e la paura delle rappresaglie tedesche. Nel corso di un'azione armata, la sera del 26 aprile 1945, 9 partigiani e il loro comandante Giovanni Battista Vighenzi, segretario comunale, personaggio amato dalla popolazione, sono catturati. Durante una terribile notte vengono interrogati e torturati in ogni modo dalle SS di Thaler che, all'alba, li conducono sulla collina alle spalle della villa, li costringono a scavare la propria fossa e fucilano senza alcun processo.

Uno dei crimini più orribili del territorio bresciano viene compiuto per pura rappresaglia, con una freddezza disumana, o forse troppo umana. Subito dopo i fatti i tedeschi si danno alla fuga ma vengono intercettati dai partigiani a Sarnico, dove avviene uno scontro a fuoco, e poi catturati ad Adro. Thaler, dopo un processo sommario, viene fucilato il 2 maggio sul luogo dell'eccidio dagli stessi parenti delle vittime, il corpo appeso ed esposto al pubblico scempio, come era successo pochi giorni prima a quello di Mussolini in piazzale Loreto a Milano.

All'orrore si aggiunge orrore. Al processo si dichiarava innocente: «Io non ho fatto altro che eseguire le sentenze emanate dal Tribunale militare delle SS italiane», una banalizzazione del male che rende arendtianamente il carnefice parte di un sistema, un impiegato del crimine, una nullità parte della macchina dell'orrore. Prima di morire l'esclamazione: «Viva la Germania! Viva Hitler!». A memoria dei fatti un monumento con i nomi dei caduti fatto costruire sulla collina del massacro, e una lettera, indicibilmente toccante, lasciata dal partigiano Giovanni Battista Vighenzi scritta alla moglie durante la notte prima della fucilazione e trovata tra le carte di Thaler, una lettera che comincia con queste parole: «Liana amatissima, c'è un gran sole nel mio cuore in questo momento e una grande serenità. Non ti rivedrò più, Liana. Mi hanno preso, mi fucileranno. Scrivo queste parole sereno d'animo e col cuore spezzato nello stesso tempo per il dolore che proverai. Ti ho detto stasera prima di partire: Liana, ho tanta voglia di riposare vicino a te - io riposerò vicino a te ogni notte per tutta l'eternità. Cara, tanto cara. Ho mille scuse da chiederti per le gentilezze che non ho avuto per te che ne meriti tante...».

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