IN TRIBUNALE

Femminicidio Agnosine, il marito: «Giusy mi ha detto che non mi voleva più e l'ho uccisa»

di Paolo Cittadini
Paolo Vecchia in lacrime in aula: «Mi sono pentito perché ho fatto male a mia moglie e alle mie figlie. Voglio pagare per quello che ho fatto, ma solo per quello che ho fatto»
Paolo Vecchia testimonia in aula
Paolo Vecchia testimonia in aula
Paolo Vecchia testimonia in aula
Paolo Vecchia testimonia in aula

Nuova udienza oggi, giovedì 18 maggio, davanti alla corte d'assise di Brescia del processo per l'omicidio di Giuseppina Di Luca avvenuto ad Agnosine il 13 settembre 2021.  La 46enne fu uccisa dal marito Paolo Vecchia che la colpì con una decina di coltellate.

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Lo scorso 21 marzo in una drammatica ricostruzione la figlia aveva rivelato di un ambiente familiare difficile, e delle vessazioni quotidiane subite da Giusy.

Paolo Vecchia in lacrime in aula

A testimoniare questo pomeriggio proprio Vecchia, in lacrime. «Non è facile per me rispondere davanti ai giudici alle mie figlie e alle sorelle per quello che ho fatto - ha esordito -. Mi sento colpevole per l'omicidio, non per i maltrattamenti». Poi la ricostruzione di quel drammatico giorno: «Mi sono svegliato verso le 6 - ha detto mentre piangeva - sono arrivato ad Agnosine, ho parcheggiato, e sono entrato dal cancellino, poi nell'androne. Avevo visto la porta aperta. La aspettavo e l'ho vista scendere dalle scale.

A quel punto quando mi ha visto mi ha spinto e si è messa a correre. L'ho afferrata per un braccio dicendole che volevo parlarle. Lei mi ha graffiato e colpito con la borsa dicendomi che non mi voleva, e nemmeno le mie figlie. Siamo caduti a terra. Avevo un coltello in tasca che avevo preso dall'auto e l'altro in un fodero. Volevo spaventarla. Mi è caduto coltello dalla tasca, l'ho preso da terra e l'ho colpita. Non ricordo quante volte. Poi ho visto lei con il coltello in mano e ho preso un altro coltello e l'ho colpita. Ho cercato di rianimarla, ma non respirava. L'ho trascinata per le braccia per portarla verso l'auto e poi in ospedale. Non respirava e sono andato dai carabinieri». 

Vecchia ha anche negato i maltrattamenti: «Non ho mai dato uno schiaffo alle mie figlie né a mia moglie. Mai fatto niente di tutto quello che mi dicono. Posso avere detto "stupide e cretine". Io voglio bene alle mie figlie. Dicevo "La cope" come modo di dire. Non lo avrei mai pensato. Non avrei ucciso una gallina, figurarsi una persona. Lo dicevo per sfogarmi».

Vecchia si è detto pentito «per aver fatto male a mia moglie e alle mie figlie. Voglio pagare per quello che ho fatto - ha detto - ma solo per quello che ho fatto»

L'aula di tribunale questa mattina, durante il processo per l'omicidio di Agnosine
L'aula di tribunale questa mattina, durante il processo per l'omicidio di Agnosine

Le nuove testimonianze

In mattinata si erano susseguite nuove testimonianze. Sono state sentite due amiche delle figlie di Giuseppina Di Luca e Paolo Vecchia, che hanno raccontato del clima poco sereno nella famiglia e dell'aggressività verbale del marito nei confronti della moglie.

La mamma di un'amica delle ragazze ha spiegato di aver visto Vecchia a fine agosto 2021. «Era sconvolto - ha riferito -, ha detto che Giusy che se ne era andata. L'ho invitato in casa e mi ha detto che l'avrebbe ammazzata. Gli ho detto di state tranquillo, ho pensato che non sarebbe arrivato a questo».

«Già in passato mi ha detto che l'avrebbe uccisa - ha detto ancora un vicino di casa - più di una volta me l'ha detto. Non ho colto la sua intenzione. Non l'avevamo preso sul serio».

Giusy ha sempre temuto per sè e per le figlie

«Giusy ha sempre temuto per sé e le figlie, me l'ha detto fin dal primo giorno». A ricordarlo in aula l'uomo con cui la vittima da qualche tempo aveva una relazione sentimentale e con cui aveva trascorso alcuni giorni di vacanza qualche settimana prima del delitto

«Mi ha detto che lei era incinta e lui l'aveva picchiata dicendole che era rimasta incinta solo per non lavorare. In una videochiamata a luglio 2021 aveva le braccia conserte e uno era "bloccato". Le ho chiesto di farmi vedere cosa c'era e aveva un livido. Mi ha detto che era scivolata prima di ammettere che era stato lui. Durante la vacanza lui chiamava con insistenza: voleva che tornasse. Poi ha chiuso la telefonata dicendo che glielo stava chiedendo con le buone, e che se non fosse tornata sarebbe diventato cattivo. Ho capito che era in pericolo e le ho detto di non incontrarlo da sola, ma in pubblico».

E ancora: «Le avevo consigliato di andare da carabinieri, lei mi ha detto che a luglio 2021 era già andata dai carabinieri per dire che il clima in casa era brutto, ma carabinieri non sembravano averle dato peso. Il giorno prima del delitto l'ho sentita e quel 12 settembre aveva davvero paura, le avevo detto di non uscire quando era saltata la luce per due volte. Le ho detto di chiamare un suo amico carabiniere, ma non l'ha fatto. Non voleva che i problemi uscissero di casa e temeva che lui se la prendesse. La mattina dell'omicidio alle 8 mi ha chiamato una delle figlie per dirmi che Giusy era rimasta ferita. La figlia era disperata: ho capito che era morta»

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