Bonetti, l’arte tradotta in colossali geometrie

Classe 1951, Bonetti ha portato la sua critica del pensiero visivo nel mondo TONIZZOA

La metà si divide., La mèta si conquista., Nella «mèta-» si prefigge il prefisso dell’oltre, della partecipazione mutaforma., La posterità ragionata da Beppe Bonetti (Rovato, 1951) muove fluida attraverso enormi geometrie collassate: quegli «Aspetti della metarazionalità» che fanno scorrere i titoli di coda al conosciuto., L’artista e la sua celebre critica del pensiero visivo razionale (presente da Parigi a Osaka, e tra Seoul e Los Angeles, e dentro la miglior Italia) è arrivata a rilegarsi in un’antologia con inediti, entro le sale di Palazzo Bertazzoli – il vernissage è avvenuto sabato, a Bagnolo Mella., La mostra, a cura di Serena Filippini, con CoArtCo - Galleria d’Arte Contemporanea APS, pressurizza il lungo cammino bonettiano attraverso concetti e simboli che ancora fanno da collante sulle diverse istanze del reale, contigue e contrapposte., Se alla 54esima Biennale di Venezia, quella d’Italia-Cina/Cina-Italia, furono le indimenticabili (lucide giganti) sfere parmenidee (a pacificare il tondo dell’essere), il «prima» e il «poi» della creatività di B.B., merita un rispolvero esatto: l’espressività esclusiva, tutta sua, ha convertito la filosofia pittorica (e scultorea) nel linguaggio-traducente a cui oggi attingiamo – per figurarci la complessità, le integerrime dicotomie., Vuoti di una precisa coscienza indirizzante, abbisogniamo tuttavia di «quelle» linee vettoriali – accatastate, adagiate, accostate – nel momento rappresentativo del «me», nelle fotografie di logos e dintorni, dei paraggi vitali.

Antecedenti ai «Frammenti», che con la retta s’imbastiscono a partire dagli anni Ottanta, e relative speculazioni illuminate, stanno le opere ragazze (‘60), le sperimentazioni (‘70): appese da vedere, come prototipi neonati o paesaggi distali., Dopo che i segmenti non bastano alla calibratura dei contrafforti tra i contrari universali (caos e ordine, razionale e irrazionale, prevedibile e imprevedibile), allora le «Meta Strutture»: cantieri, container di forme con spigolo errante incidono tele che paiono pellicole; codificano messaggi che, in attesa d’essere letti, emanano rumor di serratura blindata, e muovono nell’immobilità., Così le «Variazioni», in specie quelle «sul numero 7» e la relativa cifratura di bastoncini prossimali quasi alieni, rupestramente cellulari, a occupare (disordinare?) i paraggi di uno spazio potenzialmente infinito., In cui sul finale s’insinuano topi, emblemi della sconvenienza e della pazzia: rosicchiano incauti le tavole magistrali di Piet Mondrian e K., S., Malevic., Sono melodrammaticamente attratti dal «senso del dramma dell’artista – scrive Filippini – come essere che si trova eternamente sospeso tra l’illusione di un’esistenza sociale e una dimensione irreale, entrambe inadatte allo stesso modo, proprio come, in fin dei conti, lo siamo noi»., «Aspetti della metarazionalità» è visitabile sino al 26 marzo, il sabato e la domenica (dalle 15 alle 18); in altri orari, su appuntamento prenotando al numero di telefono 3474627366.•., © RIPRODUZIONE RISERVATA

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