Bonfante a Desenzano Il trionfo del vernacolo

Poetessa gardesana, Velise Bonfante ha fondato la Compagnia di Rivoltella TONIZZOA

Il sacro nel (tra)secolare., Questo, il vernacolo, che fiotta con l’arrabbiatura, sibila i segreti e parla i sogni., A tradurlo è come spiegar la fede: quali, altre, parole?, L’asceta del nostro dialetto, Velise Bonfante – fondatrice della Compagnia di Rivoltella, tomboleggia: una quarantina di sketch, una ventina di commedie, a decine le pubblicazioni..., – le trova comunque., Il suo poetare, da ultimo, il «Fil che liga - Fiocco che lega», ha testi a fronte di disarticolante bellezza; e pensare che fu pensato «en bresà»; di più, prima del cogito: una preghiera, nel gorgo del gergo., Assieme al prontuario «Come se faa e come se fa - Così si faceva, così si fa», il «Fil» sarà annodato oggi alle 16.30 a Villa Brunati, in via Agello 5, Desenzano del Garda; prenotazioni a desenzano.movingminds.net/desenzano.asp); presentati da Zanola – letture per Onofrio e Marai, musiche di Franzoni, Bianchi e Viotti – i due volumi in self-publishing incontreranno chi dell’idioma natio sazia e sorride., Iniziando proprio dalle liriche, che nel quaderno si contano fino a settanta – «sono le poesie premiate nel tempo, con primi, secondi e terzi premi; molte stanno nei libri precedenti (esauriti e senza ristampa), altre, riconosciute e mai edite, sono state aggiunte al corpus», dice Bonfante –, comprese le grafiche in versi., C’è tutto il mondo di V.B., condensato a mo’ di latticello, assottigliato nel «filo» d’erba e fibra., Una vibrazione naturale che dialoga dentro gli oggetti comuni e il paesaggio, visto dalla terrazza ossigenante («Longhe/ bocade d’aria/ isé stofèghe mia./ La me terasa ensima ai cóp/ l’è la poesia»// «Lunghe/ boccate d’aria/ per non soffocare./ La mia terrazza sui tetti/ è la poesia»).

Chiacchiericci tra pianelle e ciabatte e meditazioni sul tempo, camminato, infiocchettato con amore parsimonioso a mo’ di stuoia protettiva («I zonte e i mèsie tra de lur/ sensa vardà i culur./ A forsa de ligà, entresà, engropà/ gh’è vignit föra en bel tapé/ che dopraró/ per smulsinà i pas de chi me öl be»// «Li unisco, mescolandoli,/ senza badare ai colori./ Continuando a legare, intrecciare, annodare/ ho realizzato un bel tappeto/ che userò/ per addolcire i passi ai miei cari»)., La poetessa, i suoi San Martì, son abituati a traslocare su carta le tenerissime frequenze di ere geografiche a ritmo lento, una valigia per volta, a mano, di palmo in palmo: «Finit., Adès/ ghe manca apéna el gat./ Töt vöt»// «Finito., Ora/ resta solo il gatto./ Tutto vuoto»., Ma la dispensa s’affolla, di scaramantici preparati., «Come se faa e come se fa - Così si faceva, così si fa» racconta l’imbastitura di birra, torrone, pane, burro e miele., La mela chiodata contro l’anemia, le candeline per il mal d’orecchi., Smacchiare, tingere, massaggiare, pettinare, disinfestare., «Come si faceva e come si fa tutto quel fare particolare che ora non si fa più – conferma l’autrice –; usanze popolari e metodi utilizzati una volta nel territorio del basso Garda e nella provincia bresciana»., Cose da ricordare o replicare o recitare, mentre si spaura della sparizione degli amblèt e della polenta zuccherata; qualcuno tornerà a prendere i bagni di rugiada, a metter fecola sulle patacche d’unto, a macerare croste di formaggio nella grappa?, Sapere il rammendo regolamentare e riconoscere l’unghie, spuntate e sciupate, del pollo vecchio son lussi di un mondo padano che non usa più il prezzemolo fresco per alzare i bambini, eppure ancor bestemmia il «diaol» nella lingua delle filastrocche loro.•.

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