La ricerca di Semenzin illumina «You&AI»

La ricercatrice Silvia Semenzin

Parlando di mondo digitale e diritti delle donne, si spalanca una porta sulla contemporaneità: la Fondazione Soldano ha scelto, attraverso il format «You&AI», inserito nel palinsesto di LeXGiornate Young, di proporre questi temi agli studenti delle scuole superiori grazie all’intervento di Silvia Semenzin, ricercatrice, docente universitaria e attivista per i diritti umani digitali., La diretta streaming, moderata da Daniele Alberti, ha fornito spunti di discussione notevoli., «Al giorno d’oggi la discriminazione contro le donne è ancora enormemente presente, anche nella nostra società – ha esordito la professoressa Semenzin, a chi faceva riferimento a situazioni estreme, come in Iran -., È sbagliato sminuire ciò che sta accadendo qui: la discriminazione di genere è presente in tutte le culture»., Il concetto è chiaro: «Se potessimo parlare di parità, avremmo un modello da seguire., Alcuni paesi nordici sono più all’avanguardia, ma questa piramide della violenza parte dagli stereotipi, come la donna madre e che si prende cura della casa, fino ad arrivare a discriminazioni più aperte., Che, si badi, non vedono carnefici solo gli uomini: facciamo parte di un sistema in cui, a volte, anche noi donne commettiamo lo stesso errore».

Vista l’età degli interessati, il discorso si è presto spostato sul mondo social: dall’apparenza al «revenge porn», i ragazzi si sono dimostrati attenti., «Alle donne viene insegnato a limitare la libertà sessuale – spiega Semenzin -, quindi è ovvio che la diffusione di materiale privato diventi una sorte di vendetta., Ancora una volta ne farei una questione di sistema e non di genere, anche se i dati parlano chiaro, visto che il 90 per cento delle vittime di questi reati sono donne»., Cosa si può fare?, «Dobbiamo puntare a una società in cui la violenza non sia normalizzata., Riguardo alla violenza digitale – osserva Semenzin -, le leggi non possono bastare, dal momento che questa è inserita in un sistema di capitalismo di piattaforme in cui, chi detiene i monopoli, non solo non può rispondere a tutte le richieste di aiuto, ma ha anche interesse a non farlo, visto che la violenza crea interazioni»., I social non sono da limitare, ma vanno integrati con «percorsi di educazione sessuale, di genere e di educazione digitale, visto che, con la pandemia, la violenza è addirittura aumentata».•., © RIPRODUZIONE RISERVATA

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