NODO CONCESSIONI

L'impossibile disfida «balneare» Italia-UE

Ci risiamo: quella delle concessioni demaniali marittime (e in particolare quelle balneari) è una vicenda paradigmatica del nostro modo di rapportarci all’Ue che, dispiace dirlo, rientra nel tipico comportamento da «furbetti» che compromette la credibilità dell’Italia., Proviamo a trarne qualche lezione, magari utile anche in altri casi., Cominciamo col dire che alla sovraesposizione mediatica in Italia, finalizzata soprattutto a raccogliere consenso elettorale, non ha affatto corrisposto un attivismo concreto e propositivo a Bruxelles, ma solo tattiche spudoratamente dilatorie., Il culmine è stato raggiunto con la legge 145/2018 (cosiddetta «legge Centinaio», dal nome del politico, allora ministro del Turismo, suo proponente) che prevedeva ulteriori 15 anni di proroga generalizzata (ovvero fino al 2033) di tutte le concessioni balneari., Questo senza tener conto che già nel 2009 era stata avviata una procedura di infrazione, poi archiviata a seguito dell’abrogazione del sistema di rinnovo automatico precedentemente in vigore, e che una sentenza della Corte di Giustizia europea del 2016 aveva dichiarato l’incompatibilità delle proroghe generalizzate con il diritto europeo., E poi, nei 14 anni dal 2009 a oggi, si è sostenuto tutto e il contrario di tutto, ma quasi sempre senza discuterne prima con la Commissione europea, cosa che spesso ci ha fatto perdere contatto con la realtà., Per esempio invocando la non applicabilità della cosiddetta «direttiva Bolkenstein»., Mentre, anche in sua assenza, le semplici norme fondamentali del Tfue (Trattato sul funzionamento dell’Ue) dispongono che le procedure di selezione pubblica devono sempre essere aperte, trasparenti, non discriminatorie, basate su criteri oggettivi.

E questo smonta anche l’illusione secondo la quale, se la ricognizione delle nostre coste dovesse consentire di escludere la «scarsità della risorsa», ovvero ci fossero abbastanza spiagge ancora libere da dare a nuovi concessionari, si potrebbe fare a meno di qualsiasi gara per attribuire le concessioni., Perché ragionando così, ci si ritroverebbe semplicemente ad allargare la platea dei concessionari a vita e a dover via via cedere in concessione fino all’ultimo centimetro di spiaggia per soddisfare la richiesta dei potenziali nuovi concessionari., E che dire dell’ultima recente bufala, secondo la quale la scarsità del bene «spiagge» andrebbe valutata a livello europeo e non nazionale?, La conseguenza potrebbe essere di chiudere la totalità delle coste italiane al libero accesso perché ci sono tante spiagge libere in Portogallo o sul mare del Nord., È stato anche denunciato il presunto accanimento contro i piccoli concessionari, magari quando si tratta di famiglie che ricavano da quell’attività il loro unico reddito, ma bisognerebbe piuttosto puntare il dito contro la pratica delle sub-concessioni che sottraggono risorse allo Stato senza dare nulla in cambio e anzi strangolando il sub-concessionario e compromettendo al tempo stesso la possibilità di fare investimenti o di calmierare i prezzi al pubblico., Si tratta di pure rendite di posizione, non giustificabili in alcun modo., Consigli?, Mettere da parte tesi illusorie e dichiarazioni bellicose a favore di competenza e professionalità da mettere sul tavolo, nel dialogo con la Commissione europea.

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