LA RECENSIONE

«Astolfo» e la leggerezza: la lezione di Di Gregorio

Gianni Di Gregorio e Stefania Sandrelli, protagonisti di «Astolfo»

La grazia leggera, quasi eterea, e la consapevole ingenuità di Gianni Di Gregorio in simbiosi: potrebbe camminare sull’acqua o volare come un aquilone al primo soffio d’aria., E l’aria del suo film non è più quella di Roma, ma spira dai borghi laziali dove Di Gregorio, nei panni di Astolfo, un professore in pensione di antica famiglia nobiliare, con quella figura quasi donchisciottesca e le rughe farcite di cinema, è costretto, causa sfratto, a trasferirsi., Astolfo torna da Astolfo: si trasferisce nella magione avita dove campeggia il ritratto del celebre, omonimo fondatore della famiglia che diede lustro, case e terre al casato, dissipate poi dai discendenti con noncurante ignavia nel corso dei secoli., Ma come ogni ritorno al natio borgo selvaggio, anche quello di Astolfo non è sotto il segno della felicità: nel palazzotto nobiliare il Professore si misura con inconvenienti e personaggi che arricchiscono l’albero della vita, pardon, della finzione quotidiana.

Il curato si è accaparrato un salone costruendo un muro che ne impedisce l’accesso ad Astolfo, il quale si trova in casa un occupante abusivo., Astolfo, mite e sensibile, riesce subito a convivere con lui, così come con un cuoco e un ragazzo che si occupa della casa., L’unico suo cruccio è rappresentato dal prete furbo e anche dal sindaco imbroglione che si è costruito una villa in quella che fu la querceta di famiglia., Ma non è tutto: siccome senza amore e desiderio non c’è vita, e nemmeno cinema, ecco che il settantenne Astolfo incontra Stefania e se ne innamora., «Les jeux sont faits»: l’ultimo film di Di Gregorio rivela la sua profonda ragione e natura in Stefania Sandrelli, celebrando la felice unione tra un cinema schivo e volatile e una grande attrice per sessant’anni icona di fascino, talento e bellezza.

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