LA RECENSIONE

La Bologna di Pupi Avati: musica che si fa nostalgia

Gabriele Lavia ed Edwige Fenech, protagonisti del film di Pupi Avati

Gli amici se ne vanno però la musica non è finita: nel suo ultimo film, «La quattordicesima domenica del tempo ordinario», Pupi Avati non si siede al pianoforte ma mette in scena la sua musica, la sua vita, forse, quantomeno in parte, e ce la fa vedere e ascoltare sull’onda di una struggente canzone di Sergio Cammariere, autore, assieme a Lucio Gregoretti, della colonna sonora.

La musica di Avati ha il suono inconfondibile della nostalgia e del rimpianto della giovinezza, svanita per sempre assieme alle splendide immagini d’archivio in bianco e nero della vita bolognese all’inizio degli anni Sessanta, quando il regista era un ragazzo amante della musica e del cinema. Il tocco di Avati è sempre lo stesso, è felice, ma nonostante questo la musica di questa specie di antologia dei suoi temi preferiti, è grave, inquieta, lugubre persino: è la musica tragica degli umani, dei «vecchi animali» che combattono disperate battaglie contro dolori e mali invincibili. Protagonisti sono due ragazzi, amici fin dalla più tenera età, Marzio (Lodo Guenzi) e Samuele. Diventati grandi, creano un duo, «I Leggenda», e cercano il successo. Ben presto scoprono che non è aria, e mentre Samuele para il colpo con una carriera in banca, Marzio è irriducibile e innamorato di Sandra, la «più bella ragazza di Bologna».

Marzio la sposa ma il matrimonio vacilla ben presto sotto i colpi della sua folle gelosia. Ritroviamo poi Marzio ai giorni nostri, invecchiato (Gabriele Lavia) mentre chiede soldi all’ex amico Samuele (Massimo Lopez), diventato una potenza in ambito finanziario. E poi dal nulla spunta Sandra, ed è forse la più bella sorpresa del film: una Edwige Fenech sempre bella e brava, in un ruolo intenso e sensibile. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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