L’EPILOGO

Brescia, C...osa hai combinato?

In 22 anni di presidenza (1992-2014), Gino Corioni non è mai retrocesso in Serie C. Massimo Cellino ne ha impiegati solo 6 per riportare il Brescia nell’inferno da cui manca dal 1984-85, promozione in B con Baribbi al comando e Pasinato in panca. In una serata così tragica, sportivamente ma non solo, aggrapparsi ai ricordi è l’unico motivo di consolazione. Ma non si può vivere del passato, anche glorioso, soprattutto con la mai abbastanza apprezzata e soprattutto rimpianta era Corioni. Vero è che ora i conti sono in ordine, ma una società sportiva ha il dovere di coniugare la sostenibilità economica ai risultati.

Una "gestione-Cellino" fallimentare

E nel Brescia della gestione Cellino, iniziata il 10 agosto 2017, i risultati sono clamorosamente mancati. L’eccezione - sempre per aggrapparsi ai ricordi - è il 2018-19, la promozione in A con Corini al timone. Poi il solito ascensore, su e subito giù, di cui la storia biancazzurra è purtroppo infarcita. E Cellino è andato di male in peggio, lui che aveva promesso ai bresciani di toglierli dalla mediocrità «cui tutto ormai siete non solo rassegnati ma addirittura assuefatti, anche voi giornalisti», di farvi togliere «il complesso di inferiorità nei confronti dell’Atalanta».

Molti gli intoppi incontrati negli anni

Gli intoppi in questi anni non sono mancati: il lungo periodo della pandemia, con gli stadi chiusi e i ricavi praticamente azzerati come la vita di tutti; i problemi extra calcio del presidente, a lungo impegnato in una doppia battaglia giudiziaria che, lo ha sempre detto, gli ha tolto energie fisiche e mentali per pensare alla società. Ma proprio per questo motivo il numero 1 avrebbe avuto bisogno di attorniarsi di uomini fidati. O meglio: di far lavorare come si deve chi già in società c’era. Troppe figure, in questi anni, sono passate come meteore, assolutamente ingiudicabili perché non messe in condizione di operare. Uno come Giorgio Perinetti era una fortuna averlo. Ma anziché sfruttarlo per le sue capacità, certificate dai numerosi campionati vinti e per i calciatori scoperti e svezzati, Perinetti è stato tenuto sottovuoto a fare non si sa bene che. Non è il solo. E così per gli allenatori.

Un via vai di allenatori

Quest’anno è stato emblematico: dopo quasi tutto l’intero girone d’andata con Clotet, che godeva del credito della cavalcata del girone di ritorno del 2020-21 (dai play-out ai play-off in 3 mesi) e dell’inizio al fulmicotone (15 punti nelle prime 6 partite), la panchina del Brescia è diventata più girevole di una porta di un grande albergo metropolitano. E più dei cabasisi, per dirla alla Camilleri, di chi vive, respira e, vista la situazione, patisce biancazzurro. Nei primi 2 mesi del 2023 sono passati Aglietti (2 partite), Possanzini (2), Clotet (3) fino a Gastaldello, il predestinato, che non è riuscito nell’impresa-salvezza nonostante un finale a ritmo da play-off (12 punti nelle ultime 7 partite).

E ora, si riparte dalla Serie C

Dire che la vita avanti e che bisogna ripartire anche dalla Serie C, in questo momento non suona come frase di buon senso ma inaccettabile. Brescia non è piazza da Serie A, lo dice la storia, ma nemmeno da Lega Pro. Ancor più inaccettabile è questa gestione, personalistica, in cui uno decide per tutti. E se ci fossero i risultati, almeno. Cellino non può assolutamente dire che Brescia ce l’ha con lui. Nessun presidente ha avuto il credito, la stima da parte di una tifoseria che 6 anni fa lo aveva accolto come il Messia. E anche su queste colonne si era guardato con favore all’arrivo dell’ex patron di Cagliari e Leeds. La storia parlava per lui: 17 anni su 22 in A con i rossoblù con una semifinale di Coppa Uefa, i conti risanati in Inghilterra gettando le basi per il ritorno in Premier griffato dal successore Andrea Radrizzani, ora in trattativa per prendere la Sampdoria. E adesso, povero Brescia? Ci si attende che Cellino levi le tende, che ceda la società. Non è così facile, gli imprenditori bresciani al solito tacciono. Resta la realtà nuda e cruda. Il Brescia è in C. Corioni non era mai caduto così in basso in 22 anni, Cellino ne ha impiegati solo 6.

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