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Brescia, c’erano una volta i bomber: la tabella dei migliori marcatori

Florian Ayé e Daniele Gastaldello: senza gol sarà complicato salvarsi

Tre cose non puoi togliere a un bresciano: lo spiedo, la fiera di San Faustino e il centravanti. O meglio, un centravanti da doppia cifra, una delle poche, se non la sola, conditio sine qua non del calcio. Nel nuovo millennio solo in 3 campionati su 23 il Brescia non ha avuto attaccanti da 10 e più gol. L’anno scorso, con i 9 centri di Moreo nella regular season (più quello segnato nei play-off), nella sciagurata Serie A 2019/20, quando Donnarumma e Torregrossa si sono fermati a 7 centri per uno (6 dei quali dopo il lungo stop), e quest’anno, al netto di un exploit di Ayé (ne mancano 5) o Bianchi (6) che ora pare impossibile. In tutti e 20 gli altri campionati la doppia cifra è sempre stata garantita.

Le tre annate senza doppia cifra sono nell'era Cellino

Dieci volte ci ha pensato Andrea Caracciolo, in buona compagnia o in solitudine, due è toccato a Baggio e Possanzini, in un caso a Hubner, Toni, Bruno, Jonathas, Donnarumma e Ayè. Il dato oggettivo dice che tutte e tre le annate senza la doppia cifra rientrano nell’era Cellino. È più di un sospetto: significa che qualcosa nelle valutazioni offensive di questa gestione non funziona come dovrebbe.

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Con Corioni e i suoi successori il centravanti era una certezza già a inizio stagione

Ora non più. E qui casca l’asino. Perché nel calcio si può scommettere su tutto ma non sul «mona che la butta dentro». Col senno di poi si può dire che i segnali del declino erano intuibili già lo scorso anno. Anche in tempo di vacche grasse c’era più di un motivo per invocare un rinforzo offensivo degno di questo nome

Le valutazioni sbagliate

Non ci si è accorti che il 9+1 di Moreo è stato l’eccezione e non la regola. Per altro ci si è affannati a proclamarlo numero 9, forse tratti in inganno dalla struttura fisica, dimenticando che Moreo, per sua stessa ammissione, è tutt’altro tipo di giocatore. Eppure pochi mesi fa, quando Ayé giocava sì e no per infortunio, l’equazione è stata: Moreo più Ayé e siamo a posto per un campionato tranquillo. Ma è stata una valutazione sbagliata e sciagurata. Così come è mancata lucidità nel dare il giusto peso ai 16 centri del francese nella stagione 2020/21. Basta fare un giro su Youtube e riguardarseli in loop.

Se la porta non è vuota si tratta di situazioni «pulite» in cui Ayé è sempre in condizione di guardare lo specchio e può buttarla dentro senza ostacoli. Il tutto con il corollario non certo secondario della mancanza di pubblico. Il paradosso è che Ayè può addirittura essere considerato un lusso. In una squadra che gioca per lui, che non gli affida alcuna fase difensiva e non lo costringe a fare ciò che non sa fare (sponde, difesa della palla, duelli aerei, tiri da fuori e rifinitura) può essere un valore. Ma va armato come si deve. Fuori di metafora: in una squadra che gioca 30 palloni al limite dell’area piccola avversaria per partita può tornare utile.

Impianto di gioco attorno agli attaccanti progressivamente impoverito

In un Brescia che fatica a costruire e si affida a lui in una fase attiva del gioco è quasi un peso. Oggi chi critica la gestione Cellino punta il dito contro la continuità di impiego di Ayé (2027 minuti, un gol ogni 405) contro gli spezzoni di Bianchi (1101 minuti, un gol ogni 275), ma dimentica che l’impianto di gioco attorno agli attaccanti è stato progressivamente impoverito. Sono considerazioni che vanno girate a Daniele Gastaldello, l’unico che possa trovare la soluzione al problema dei problemi: come si dà la palla al centravanti di turno per arrivare alla doppia cifra di gol e, quindi, alla salvezza?•. 

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