LA TESTIMONIANZA

Serpelloni al fianco di Sheva: «Aiutiamo i fratelli ucraini»

Piero Serpelloni con Andriy Shevchenko, Pallone d’Oro nel 2004All’opera con l’Ucraina. A Brescia Serpelloni lavora al centro medico Sportlife

È il 2003 quando Andrea Pirlo porta il suo compagno nel Milan Andriy Shevchenko a casa di Piero Serpelloni. Il massaggiatore di fiducia del Genietto del calcio diventa così l’amico italiano del cuore del campione ucraino più famoso del mondo. Il quale 3 anni dopo decide di portarlo con sé al Mondiale di Germania. Oggi, nel 2022, Serpelloni si sente bresciano ma anche ucraino. «Non siamo diversi, siamo fratelli» dice il massofisioterapista di Nave scuotendo la testa perché «quello che sta succedendo è motivo di grande tristezza. E di preoccupazione costante».

Se ripensa alla sua esperienza con l’Ucraina?
L’avventura con la nazionale la devo tutta a un uomo solo, Andriy Shevechenko, Pallone d’Oro e miglior calciatore di sempre del suo paese assieme a Blochin, Rebrov, Voronin, Tymoshchuk. Cominciò tutto per caso: poco prima della semifinale di Champions del 2003 con l’Inter Pirlo mi disse che Sheva aveva un problema al flessore. Arrivò da me alle 22.30, accompagnato da Rezo Chokhonelidze, uomo fidato di Lobanovski e scout del Milan, un ex colonnello dell’Urss. La fiducia fu reciproca all’istante. Volle portarmi con sé al Mondiale del 2006 e l’Ucraina arrivò al traguardo storico dei quarti di finale, eliminata proprio dagli azzurri che di lì a poco sarebbero diventati campioni. Una parentesi bellissima. Poi ho fatto l’Europeo con Sheva e mi sono legato all’Ucraina, svolgendo altri impegni a sostegno dello staff medico della loro selezione.
 

L’amicizia con Sheva si è rafforzata col tempo.
l nostro rapporto è fatto di stima reciproca. Mi chiama fratello e io mi ritengo suo fratello maggiore.
 

Le ha dedicato uno spazio importante nella sua biografia.
Capitolo 19. Io non chiedo mai nulla, non mi sarei aspettato notorietà, sono diventato freddo come gli ucraini ma in quel caso ammetto di essermi emozionato. Vedere il mio nome sul suo libro mi ha riempito d’orgoglio. Ma nella mia testa rimango quello che sono sempre stato e sarò: contadino. Il mondo agricolo bresciano è un’università della vita apprezzata universalmente e mi ha permesso di essere genuino e puro come piace a Sheva: c’ero quando aveva bisogno e poi sparivo, non volevo brillare di luce riflessa.

Cosa sta provando in questi giorni?
Angoscia. Ricordo Charkiv come una città bellissima, ricca di ristoranti e di negozi. Diversa Donetsk: la prima volta sono andato per la partita dell’Ucraina contro l’Inghilterra agli Europei e quando siamo atterrati ho capito perché la Federazione avrebbe preferito giocare a Kiev. È una città post sovietica, con uno stadio stupendo circondato da strutture vecchie. Lì c’era anche chi ci tifava contro.

Che idea si è fatto di quello che sta accadendo?
In Italia siamo tutti commissari tecnici, virologi e adesso strateghi politici. Io guardo i fatti e ho conosciuto la gente ucraina: due generazioni fa erano contadini, hanno un cuore enorme. La battaglia di Nikolaevka, l’eroismo dei nostri alpini: intrecci storici che rimangono nel tempo. Siamo simili e mi piange il cuore nel vedere il loro territorio invaso da una superpotenza nucleare. Ci sono poi due aspetti che mi preoccupano particolarmente.

Quali?
L’Ucraina era il granaio d’Europa: quanto tempo ci vorrà per rimetterlo in sesto? E ci sono 20 milioni di ucraini imparentati con russi: ci si rende conto di quante tragedie familiari si stanno consumando? Ho molti amici lì e non riesco a sentirli da giorni. Il team manager è scappato, il dottore non dà più segni, fra i giocatori so che Pyatov e Stefanenko si erano nascosti sotto la metropolitana: spero siano salvi con le loro famiglie. Saranno difficili i negoziati di pace, Putin è determinato ad andare fino in fondo. Intanto giovani e anziani muoiono. Non me lo sarei mai aspettato nel 2022.

L’Italia si sta prodigando.
Sì, ad ogni livello, vedo che anche i giornali stanno facendo il possibile per informare. Brescia ha dato papi a Roma, abbiamo nel sangue l’umanità, il senso di accoglienza. Sheva sa che la nostra città, tramite me, e l’Italia in generale si stanno dando da fare aiutare i fratelli ucraini. Persone di cuore, come lo siamo noi bresciani.

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