«V for Brescia», una miniera di ricordi in biancazzurro

I protagonisti della serata di Gavardo per il libro di Gian Paolo Laffranchi «V for Brescia», 25 storie di protagonisti dei primi 110 anni di storia biancazzurraIl pubblico presente ieri sera al palazzetto dello sport di Gavardo: un’iniziativa riuscitissima

Sotto i piedi l’erba, anche se sintetica: ai lati (e in mezzo) le panchine, come a stare in un campo vero., Tutto intorno il palazzetto dello sport di Gavardo, il teatro di «V for Brescia», la serata organizzata da Violet Moon (in collaborazione con il Comune) e liberamente ispirata al nuovo libro del nostro Gian Paolo Laffranchi, appunto «V for Brescia» (Urbone Publishing, in città lo trovate alla libreria Librelma), che raccoglie 25 storie di «vita vissuta», 25 protagonisti dei primi 110 anni del Brescia Calcio., Un fiume di ricordi, ieri sera, rigorosamente biancazzurri; un parterre di ospiti da fare invidia a uno special televisivo, e poi la musica, tanta musica: «You’ll never walk alone», l’inno del Liverpool (e del calcio) suonato da Daniele Gozzetti; «Eye of the Tiger» e la dedica agli anni ’80, Davide Bonetti; «Una vita da mediano», Antonio Filippini (e non poteva che essere così); «La leva calcistica del ‘68», Paolo Cavagnini., La colonna sonora di una serata di certo più unica che rara, tra ricordi ed emozioni (e un centinaio di presenti)., C’era Omar Pedrini, e i suoi aneddoti bresciani: le partitelle a Urago Mella con i gemelli Filippini, «che avevano 11 o 12 anni eppure giocavano già meglio di noi, che ne avevamo 16 o 17», il ricordo «dell’unica volta che ho fatto incazzare Gino Corioni, quando gli dissi che il mio salame era più buono del suo»., L’emozione di Marco Zambelli, davanti al pubblico di casa (è gavardese doc) nel ripensare al suo ritorno al Rigamonti, quando già indossava la maglia del Foggia: «Tornare a Brescia da avversario è stato traumatico, ero come ovattato., Ma quando ho visto quello striscione, Rispetto per Marco, è come se avessi fatto pace con il mio passato, come se avessi riscoperto quell’amore che per un attimo si era offuscato., E quando mi hanno intervistato, ho pianto»., Hanno giocato insieme una sola stagione, ma quante ne aveva alle spalle Antonio Filippini, altra bandiera: «Una vita da mediano, la metafora della vita - ha detto -, che mi fa tornare in mente i primi anni ad Ospitaletto, quando il presidente Corioni non ci volle subito al Brescia (lui e il fratello Emanuele; ndr) perché diceva di aver comprato Thomas Doll, che poi non è mai arrivato.

O quando Filippo Galli ci disse che avevamo preso Roberto Baggio, e poi è arrivato davvero»., In quegli anni, ha poi aggiunto Laffranchi, «il Brescia prendeva dei giocatori assurdi: ricordo quando a Bresciaoggi avevamo saputo prima di tutti che sarebbe arrivato Guardiola, ma avevamo paura che qualcuno all’interno facesse la soffiata ai concorrenti., E allora io e Marco Bencivenga abbiamo preparato due pagine, ma una era finta: avevamo scritto che il Brescia stava per prendere Redondo»., Applausi e sorrisi, ma anche qualche triste memoria: «Come quella volta che Carletto Mazzone, a cena con la squadra, si mise a piangere parlando di Vittorio Mero: lui non era un allenatore, era come un papà», ha ricordato Pedrini., O come ieri sera, insieme a Karen Bortolotti, la sorella di Edoardo per tutti semplicemente Edo, scomparso a soli 25 anni: «Per lui il calcio era tutto, non contava nient’altro»., A lui la dedica più bella, firmata ancora Omar Pedrini, chitarra acustica e voce: «Ci sarò, qui con voi, Curva nord»., L’inno del Brescia, del calcio che si gioca, e che si racconta., •., © RIPRODUZIONE RISERVATA

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