BRESCIA

Parte la nuova
governance
di Ubi Banca

Massiah, Moratti e Moltrasio

Parte la nuova governance di Ubi Banca, che passa dal sistema duale al monistico ed elegge il nuovo cda, che sarà presieduto da Letizia Moratti, vede l’ingresso di Roberto Nicastro alla vice presidenza e sarà guidato ancora una volta dall’amministratore delegato Victor Massiah. All’orizzonte c’è un nuovo piano industriale, richiesto dal deterioramento del contesto macro, e forse la nascita di un patto di sindacato duraturo tra i grandi soci bresciani e bergamaschi, le Fondazioni Banca del Monte di Lombardia e Cassa di risparmio di Cuneo (Crc), già uniti nel patto di consultazione da cui è scaturita la lista di 15 componenti votata dal 98,9% del capitale in assemblea. Ma Ubi non si preclude nulla anche sul fronte del risiko. «Abbiamo una apertura a studiare qualsiasi tipo di ipotesi che risponde alla creazione di valore e a una governance semplice ed efficace. Quando si saranno create queste condizioni saremo pronti» ha detto Massiah. Che, a domanda su Mps e Banco Bpm, ha replicato: «non escludiamo niente e non includiamo niente, nè sì a uno nè no a un altro ma non c’è nessun dossier aperto». A favore del risiko anche la Crc, che «ci sarà e farà la sua parte» ma che, forte del suo 5,9% del capitale, chiede anche «prudenza», ha detto il suo presidente Giandomenico Genta. La riscrittura del piano, che dovrebbe arrivare «in autunno», si rende necessaria per il fatto che «il pil crescerà meno di quanto previsto», i tassi saranno negativi «fino a tutto il 2020», lo spread Btp-Bund, «previsto sotto 150 ora è a 250». Nonostante ciò l’anno si chiuderà con un «utile migliore» dei 425 milioni del 2018, anche se sotto i 919 milioni del vecchio piano. Massiah ha rivendicato «la creazione di valore» in Ubi, con la generazione, dal 2007, di 1,9 miliardi di patrimonio tangibile. L’assenza di una lista dei fondi priva il nuovo cda di una minoranza in posizione di controllo. «Avremmo molto apprezzato avere una lista di minoranza» ha detto Massiah, ricordando che «i fondi fino all’ultimo hanno cercato» di presentarla e che «non ce l’hanno fatta per una piccolissima quota» ma «non vorrei che passasse il dubbio che i fondi non hanno partecipato a questa assemblea», dove era presente il 37,9% del capitale, di cui il 21,5% portato dal patto. «L’indipendenza di giudizio dei singoli consiglieri conta più della provenienza», ha sottolineato Andrea Moltrasio, presidente del Cds in uscita assieme ai 5 consiglieri a processo a Bergamo per il presunto ’patto occultò. Una scelta «non facile», ha detto Franco Polotti, rappresentante dei soci bresciani, dettata dalla volontà di evitare «rischi reputazionali» alla banca e resa possibile da un «responsabile e generoso senso delle istituzioni». Sul fronte dell’azionariato, Genta ha auspicato che si crei «un patto tra i soci storici e tra i nuovi soci che vorranno aderirvi per offrire a questa azienda robuste fondamenta su cui costruire sviluppo». Un’ipotesi vista «con favore» da Moratti perchè garantirebbe alla banca «una visione di lungo periodo».

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