La fatale seduzione delle ninfe delle acque del Garda

Un quadro di Casimir Alchimowicz che ritrae una ninfa d’acqua

Le sirene, esseri soprannaturali per metà procaci fanciulle e per metà pesci, sono diventate una costante nell’immaginario collettivo che ancora oggi vediamo costantemente riproposta a livello popolare, dai cartoni animati alle catene di caffetterie., Una storia antica e complessa, fatta di tante mescolanze, varianti e trasformazioni che trae probabilmente origine molto lontano, in Siria, da una dea che si chiama Atargatide., Questa donna-pesce si è mescolata con il culto delle Ninfe greche delle acque, e alle sirene, quelle che hanno cercato di sedurre Ulisse, ma che erano donne-uccello., Le attraenti pennute sono poi state tolte dal cielo e buttate in acqua dal cristianesimo, come per renderle meno pericolose e lascive., Spesso gli è stata aggiunta una seconda coda per mascherare l’antica usanza di divaricare le gambe per mostrare il sesso durante le processioni di certe divinità, simbolo di fecondità, una forma di censura per poter riempire le chiese di simboli propiziatori., Anche il Bresciano ha le proprie sirene, a Desenzano e a Salò resta ancora traccia di storie sulle Aiguine o Aiguane, che rimandano alle più note Anguane, ninfe delle acque: bellissime creature teomorfe dalle estremità simili a quelle dell’anatra, che vivono nelle spelonche della costa e che di notte nuotano tra i canneti immerse nella luce della luna., Come racconta nel suo antico volume pubblicato nel 1599, il letterato Bongianni Grattarolo: «...

le Aiguane cantavano dolcemente addormentando i pescatori come le sirene di Omero., Dicono che col tempo furono distrutte dai diavoli, alle quali ogni notte davano la caccia: ma non le potevano prendere se qualche uomo non li favoriva almeno con le parole., Una storia dice che una volta un contadino passando di là di notte, sentendo un rumore, credendo che fossero cani a caccia di lepri, volendoli incitare, si mise a gridare «piglia!, piglia!», la mattina seguente trovò inchiodata alla porta la mano di una donna, che aveva le dita unite da una membrana, come quella delle anatre., Pensò che fosse la mano di una di quelle Aiguane, e che il diavolo l’avesse inchiodata per consegnargli parte della caccia»., Storie e creature che si rifanno a un passato remoto e a una simbologia mutata nel tempo, al Dio Pan tramutato in diavolo e delle Ninfe, deformate e costrette a nascondersi, come vergognandosi della loro esplicita sensualità e mettendo in guardia chi ne è attratto., Storie che prendono spunto da malformazioni congenite come la Sindattilia, che unisce le dita delle mani, e che sono state prese sul serio fino a pochi decenni fa, quando, ancora, la notte di San Giovanni, il 24 giugno, a Capolaterra veniva appesa all’uscio una zampa d’anatra per difendere i figli maschi dalle seduzioni delle Aiguine.

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