Covid-19, gli studenti raccontano i disagi e le speranze

Gli studenti del liceo Fermi di Salò hanno «raccontato» l’esperienza Covid

La televisione che domina, con notizie negative sul Coronavirus, l'impegno degli operatori sanitari, la sofferenza di chi si ammala e il disagio di chi non può lavorare, né andare a scuola in presenza., Un'immagine che colpisce, quella rappresentata da Martina, studentessa del liceo Fermi di Salò, coinvolta, con i compagni, dall'insegnante Silvia Grumi, nella redazione di elaborati sull'emergenza Covid-19, che hanno fatto emergere disagi e speranze dei ragazzi., Emblematico il disegno di Ana, che ha raffigurato una giovane racchiusa su se stessa all'interno di una gabba., «La posizione del corpo e il fatto che sia raffigurato da solo rispecchiano il fatto che mi sentissi sola e quasi abbandonata nei periodi di quarantena., La gabbia rappresenta la casa, che è stata una sorta di “prigione” che allo stesso tempo ci salvava dal pericolo»., Ana ha però rappresentato anche la speranza di tornare a una vita normale, ricreando raggi di luce che colpiscono ogni cosa., Greta, invece, ha affidato il suo pensiero a dei versi: «Un virus inaspettato/Come un areoplano è arrivato/Prima in uno stato poi in un altro ancora/tutto il mondo è stato travolto in mezz’ora/Ci ha costretto a non vedere più amici/ma questo ci ha portato benefici/Rinchiusi in casa ci sentiamo soli e tristi/ma allo stesso tempo un po’ più altruisti/Della libertà siamo stati privati/ma questo ci ha fatto riflettere su quanto siamo fortunati/Bisogna essere fiduciosi/come una città dopo un black out saremo tutti presto più luminosi»., Sabrina ed Avery, metaforicamente, immaginano che se il virus sia un gioco, il domino, sia perché una sola tesserina può far cadere tutto il gioco (le nostre vite), sia perché «contatto tra caselle vicine trasmette “la caduta” come il contatto tra noi diffonde la malattia»., Ester ricorda che questa pandemia da un anno ci ha messi tutti in ginocchio.

«Ero abituata a fare una vita frenetica, avevo mille impegni e quando la pandemia non mi ha più concesso di vivere la mia normalità è stato davvero brutto; non poter più vedere i miei nonni, non poter più abbracciare le persone a me care., Però la pandemia mi ha fatto crescere, perché ho capito molte cose., Ho capito che la libertà è la parola più bella., L'affetto è la cosa fondamentale per la vita.E la cosa più importante, secondo me, è la parola socializzazione»., Anche Sara racconta che «era il primo gennaio 2020., Ero una persona felice circondata da altre persone felici., Non mi sarei mai aspettata che solo due mesi la mia vita sarebbe cambiata, così come le persone che mi circondavano., Abbiamo perso lavori, amici e parenti a noi cari, e in qualche modo abbiamo perso noi stessi»., Giulia e Sara, infine, vedono nella parola «resilienza» la sintesi perfetta di un anno di emergenza, pensando non solo ai ragazzi, ma anche alle famiglie, alle aziende, agli operatori sanitari che si sono abituati a una normalità diversa da quella pre-Covid.

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