Una mano tesa agli «ultimi»

A volte da una tragedia lacerante può germogliare il seme della speranza e della solidarietà. E spesso spendere la propria esistenza per il prossimo nel ricordo di chi abbiamo perso diventa un antidoto a un dolore altrimenti insopportabile. Nel nome del figlio Alberto, morto in un incidente stradale 26 anni fa, i coniugi Maria Rosa Losio e Romano Damiani (scomparso nel 2013) hanno fondato CamperEmergenza, un approdo sicuro per chi vaga nei labirinti della solitudine, dell'emarginazione, dell'alcolismo, delle tossicodipendenze o della povertà. Dalla postazione su quattro ruote vengono dispensati pasti e parole di conforto che scaldano di più del té bollente e delle coperte distribuite per combattere il freddo delle notti d'inverno.

«Alberto è morto in un incidente stradale un sabato sera del 1992: aveva solo 18 anni - racconta Maria Rosa -. La disperazione ha bussato al nostro cuore, siamo stati proiettati improvvisamente in un abisso per il grande vuoto che si era creato nella nostra vita. La fede ci ha dato la forza di reagire. Una fede continuamente provata, ma così forte da farci capire che la disgrazia che ci aveva colpito poteva portare con sé una vocazione a prenderci cura, come potevamo, delle persone sofferenti».

É iniziato così l’impegno di volontariato. «Ci siamo messi a disposizione degli ultimi, col desiderio di aiutare le persone povere che vivono in grave stato di disagio. Non ci sembrava giusto usare il denaro del risarcimento ottenuto per la perdita di nostro figlio in qualcosa di superfluo. Lo abbiamo messo a disposizione di chi sta peggio di noi».

LA PRIMA ESPERIENZA, nel 1993, fu quella di raccogliere cibo e vestiario da spedire come aiuto umanitario per i poveri della Croazia e, dal 1994, per gli indigenti della Russia. «Poi abbiamo preso coscienza di un fatto: si pensa sempre ai poveri lontani, dimenticando spesso quelli che vivono accanto a noi - racconta Maria Rosa -. Fu così che decidemmo di metterci al servizio dei fratelli emarginati della nostra città. I primi contatti con i clochard iniziarono nel 1997 alla stazione ferroviaria: nelpiazzale, nelle sale d’attesa, sulle carrozze ferme al binario 7, luoghi che per l’occasione diventano un rifugio-dormitorio per i senzatetto».

Da questi incontri emergeva come prima necessità la richiesta di cibo: qualcosa da mangiare, da bere, possibilmente caldo. Seguiva poi la l’esigenza di avere maglioni e coperte per le rigide notti invernali, passate all’addiaccio sulle panchine o sotto un riparo di fortuna. E infine il desiderio di parlare, comunicare, l’aspirazione di un lavoro, una casa... «Ci siamo organizzati per offrire risposte ai bisogni più immediati, distribuendo gratuitamente panini, frutta, dolci e bevande, vestiario e coperte, senza trascurare di coltivare il dialogo e l’ascolto, per comprendere le radici del loro disagio e favorire, ove possibile, processi di reinserimento sociale. Nel 1999, con l’aiuto di tanti amici - continua Maria Rosa -, siamo riusciti a mettere insieme il necessario per poter acquistare un camper - da cui il nome dell’associazione, CamperEmergenza - per assistere le persone emarginate direttamente sulla strada. Da allora, ogni sera dei giorni feriali, vengono assistite dai nostri volontari».

NASCE POI l’iniziativa «Vieni a pranzo con noi»: due domeniche al mese viene offerto un pasto dalle suore di via Moretto: «Il sorriso e i volti sereni dei poveri ci incoraggiano a proseguire questa esperienza. C’è più gioia nel dare che nel ricevere».

Nel 2013 la fede di Maria Rosa è stata messa ancora una volta a dura prova. Il marito Romano, dopo aver combattuto strenuamente contro una grave malattia, se n’è andato. Ma lei non si è fermata. Oggi è presidente onoraria dell’associazione CamperEmergenza, mentre il ruolo di presidente è affidato al figlio Giovanni Damiani. Maria Rosa la sera è in via Leonardo da Vinci, dove l’aspettano i suoi «fratelli» poveri. «Sono all’incirca un centinaio ogni sera - spiega -: in questo periodo un po’ di meno, perchè con l’arrivo del freddo hanno aperto i dormitori. Per fortuna... Fino a qualche anno fa c’erano molti extracomunitari, adesso ci sono tanti italiani che ci chiedono aiuto».

«Alcuni fratelli che vivono questa realtà di disagio ci confidano spesso che il momento dell’incontro con il gruppo di volontari è la cosa più bella di tutta la giornata. Qui al Camper Emergenza li ascoltiamo con paziente attenzione, senza trascurare di offrire una risposta concreta e discreta alle loro richieste di aiuto. Siamo convinti che anche nei loro cuori feriti da una vita di errori e di disagi, una piccola luce di speranza per un ritorno a una vita normale rimanga sempre accesa. Molti sono rimasti senza una famiglia, senza una casa, altri hanno perso il posto di lavoro e sono stati abbandonati a se stessi. Ascoltiamo racconti spietatamente crudi, di chi si sente defraudato della propria dignità».

Ma anche tra gli «ultimi» la solidarietà non è un sentimento sconosciuto: «se qualcuno ha un bisogno, c’è sempre chi è disposto a cedergli qualcosa di suo», osserva Maria Rosa.

CamperEmergenza può contare su una settantina di volontari. «A parte quelli che la sera sono presenti al camper di via Leonardo da Vinci, ogni pomeriggio nel nostro magazzino alla Noce un gruppo di persone ci aiuta a preparare i sacchetti da distribuire, mentre una decina di volontari cucinano il pranzo della domenica. Sono vent’anni che guardo negli occhi il disagio e la tristezza - conclude Maria Rosa -. Ma è un sentimento che mi ha arricchito dentro. Quando penso che noi, persone “normali“, siamo al caldo delle nostre case, e loro sono al freddo, mi si stringe il cuore».

Suggerimenti