Aflatossine
nel latte, 30
persone indagate

Analisi sul latte contaminato dalle aflatossine cancerogene BATCH

Più di trenta persone iscritte nel registro degli indagati per i reati di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari. È l’esito della maxi operazione dei carabinieri del Nas che, su disposizione del pm Ambrogio Cassiani, hanno perquisito decine di allevamenti e caseifici nelle province di Brescia, Mantova, Cremona e Bergamo verificando l’utilizzo di latte contaminato da aflatossine per produrre formaggi.

LE INDAGINI, partite sei mesi fa da un controllo del Nucleo Anti Sofisticazioni dei carabinieri, sono destinate ad assumere una portata ancor maggiore rispetto ai già clamorosi risultati. A preoccupare è la presenza nei prodotti alimentari di aflatossine, muffe note per le loro proprietà genotossiche e cancerogene. Quella di maggiore interesse è la B1 che nel 1993 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha classificato nel «gruppo 1», cioè come «agente cancerogeno per l’uomo». La si trova nel mais e da questo passa nell’apparato digestivo delle mucche dove viene trasformata in M1 per finire nel latte. Ed è qui che si arriva al nodo: la legge prevede che il latte contaminato da aflatossine sia distrutto. Cosa che troppi allevatori non avrennero fatto. Si tratta di un atteggiamento doloso diffuso e di un meccanismo consolidato: il latte veniva diluito affinché, in caso di accertamenti, i livelli della sostanza risultassero all’interno dei parametri di legge che impongono un limite di 50 nanogrammi per litro.

I carabinieri del Nas hanno riscontrato centinaia di illeciti, in un caso sono stati rinvenuti valori addirittura 160 volte superiori al consentito. Dopo aver «truccato» i valori, il latte veniva venduto a basso costo alle aziende di trasformazione che, in alcuni casi, erano all’oscuro di tutto. Secondo quanto è emerso dalle indagini, un centro di raccolta del Cremonese avrebbe provato a piazzare il latte adulterato più di una volta. Il titolare di un caseificio ne avrebbe verificato di persona la qualità riscontrando valori troppo alti di aflatossine tanto da restiturlo al mittente.

NON È STATO così scrupoloso e corretto un secondo cliente che, invece, lo ha acquistato: il latte è stato utilizzato poi per produrre forme di formaggio. Sono migliaia le forme di Grana Padano sequestrate, 4 mila in uno stabilimento della Bassa bresciana. Fortunatamente il periodo di stagionatura non era terminato, quindi non erano state ancora immesse sul mercato. Un rischio per la salute, in questo caso scongiurato, ma che non fa diminuire le preoccupazioni. Centrale del Latte e il gruppo Ambrosi hanno comunicato all’Asl i valori fuori norma riscontrati in diverse partite di latte ma nessun altro, allo stato attuale, avrebbe fatto altrettanto. Non solo: nè l’Istituto Zooprofilattico, ente sanitario di diritto pubblico (che smentisce) né i tre centri analisi accreditati in provincia avrebbero mai segnalato i livelli di aflatossine fuori dai parametri di legge. Quando un valore è fuori norma in autocontrollo la responsabilità della segnalazione all’autorità è comunque dell’Osa (operatore del settore alimentare).

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