Centro islamico,
nel mirino finisce
l’aiuto del Qatar

L'emiro Hamad Ben Naser Althani, in completo chiaro, in visita alla moschea di Brescia accolto dall’assessore comunale Marco Fenaroli BATCH

In via Corsica, dove la vecchia cascina si è fatta moschea, i soldi del Qatar sono serviti a stendere l’asfalto del nuovo parcheggio. È passato un anno (era il 25 maggio 2016) da quando l’Ucoii (Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia) e gli emiri del Qatar in visita a Brescia hanno posto la prima pietra di quella che nelle intenzioni sarebbe dovuta essere una «nuova collaborazione» con la comunità islamica locale.

Come dire che l’inaugurazione del parcheggio della moschea, finanziato proprio dalla Qatar Charity Foundation entrata nell’occhio del ciclone perché sospettata di finanziare il terrorismo internazionale, aveva consentito un primo contatto tra le istituzioni islamiche con il presidente Ucoii Izzeddin Elzir divenuto garante dei progetti bresciani. Del resto, non è un segreto che l’Ucoii ha programmato di aprire entro poco almeno 33 nuovi centri islamici in Italia grazie alla benevolenza dei fondi arrivati da Qatar (circa 25 milioni di euro totali).

IL PROGETTO «Moschee in franchising» tocca da vicino Brescia. In questo senso la presenza in città del cugino del principe del Qatar, Hamad Ben Salman Althani, delegato a seguire gli investimenti sui centri islamici europei, un anno fa ha sancito il patto bresciano per lo sviluppo dei progetti in città.

«Noi come Ucoii cerchiamo di vedere gli esempi positivi della nostra comunità e Brescia lo è - aveva rimarcato il presidente nazionale Elzir -. Cerchiamo di premiare chi ha dimostrato convivenza pacifica, dialogo religioso e integrazione. Questo aiuto arrivato per tramite dell’Ucoii per realizzare il bene della comunità l’abbiamo elargito anche a riconoscenza del lavoro svolto nel bresciano». Ma i progetti su Brescia per l’Unione delle comunità islamiche dovevano sopperire all’insuccesso di Bergamo, dove la costruzione della più grande moschea del nord Italia si è arenata dopo la scomparsa di 5 milioni investiti dal Qatar.

Per questo i locali di via Corsica sono entrati nelle grazie degli investitori esteri, pronti a scegliere Brescia per i progetti dell’Emiro.

«NOI CERCHIAMO di migliorare le condizioni delle nostre comunità - ha sottolineato il presidente della Comunità islamica -, le aiutiamo a crescere e ad uscire da luoghi non degni per le comunità islamiche e la società bresciana. Speriamo di poter contribuire a costruire un centro che permetta di accogliere i musulmani bresciani tutti insieme. Quasi un terzo della presenza islamica italiana si trova in Lombardia e Brescia e Milano sono città importanti. Dobbiamo giustamente rispondere alle esigenze della nostra comunità. E a chi storce il naso sui fondi del Qatar rispondo che quando questi fondi vengono per interessi commerciali vanno bene, per fare interessi culturali invece ci sono problemi».

Tutto chiaro e alla luce del sole, tanto che un anno fa, sul piazzale di via Corsica, c’era anche l’assessore Marco Fenaroli, in rappresentanza della Loggia, ad accogliere il cugino dell’Emiro.

Oggi come ieri a chiedere di dissipare i dubbi per i contatti con il Qatar è stata l’assessore regionale alla Sicurezza, Simona Bordonali.

«Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi ed Egitto chiudono le frontiere col Qatar, accusato di fomentare il terrorismo islamico - ha ricordato l’esponente leghista -. Lo scorso anno il sindaco di Brescia Emilio Del Bono e il suo assessore Marco Fenaroli hanno invece aperto le porte della città ai fondi provenienti da quel Paese per finanziare una nuova moschea. Già all'epoca avevo fatto notare la dubbia provenienza di quelle risorse. Chiediamo al sindaco e all'assessore Fenaroli, che ha accolto a braccia aperte la delegazione del Qatar, di fare retromarcia e di escludere pubblicamente l'ipotesi di apertura di una nuova moschea. A Brescia, in Lombardia e in Italia non si deve concedere mezzo centimetro all'estremismo islamico».

PREOCCUPAZIONE che, però, fa a pugni con i numeri degli investimenti del Qatar che in Lombardia valgono quasi mezzo miliardo: sono circa 400 milioni gli scambi all’anno, 69 milioni di import e 290 di export che a Brescia vale 20 milioni tra cui 5 milioni di macchinari e 4 milioni di articoli in gomma.

Affari che, evidentemente, vanno oltre ai finanziamenti alle moschee e alle questioni religiose entrate prepotentemente nelle cronache degli ultimi giorni. Giuseppe.spatola@bresciaoggi.it

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