LA TRAGEDIA

Lutto per Amara Kante, stella del calcio dilettanti, morto nello schianto in A4

Lo schianto si è verificato prima dell’alba: Kante aveva da poco iniziato a lavorare come autotrasportatore GATTAA

Aveva trovato la sua America in Valsabbia, dopo una fuga di migliaia di chilometri da guerra e povertà: sognava una vita migliore al fianco della sua giovane sposa e per questo, forse per guadagnare qualcosa di più, da pochi mesi aveva cambiato lavoro.

Prima operaio, adesso camionista: ma proprio sul camion, ieri mattina, ha perso la vita in un tragico incidente stradale sulla A4. Questo il triste destino di Kante Amara, 25 anni, abitante a Nuvolento: originario della Costa d’Avorio, dal 2016 viveva stabilmente nel Bresciano dove si era distinto anche come calciatore nei campionati dilettanti.

 

Era terzino e jolly di centrocampo (GATTAA)

Il tragico incidente in autostrada

Ieri mattina prima dell’alba si è schiantato con il suo camion contro un pilone di cemento, subito dopo la barriera di Milano Est all’uscita di Cinisello Balsamo-Sesto San Giovanni: la dinamica è ancora in corso di accertamento, ma pare possibile che sia stato un colpo di sonno a fargli prima urtare un furgone e poi il pilone. La notizia in poche ore è arrivata in Valsabbia, dove Kante viveva e lavorava.

Abitava a Nuvolento con la moglie, anche lei nativa della Costa d’Avorio. Calciatore di talento Promessa del calcio, fino a poche settimane fa era ancora tesserato per il Roè Volciano e giocava in Seconda Categoria. Come atleta aveva fiato da vendere e un gran fisico: di ruolo terzino, si muoveva bene anche a centrocampo. Aveva indossato anche le casacche del Prevalle, dell’Ac Paitone, del Benaco Salò, dell’Us Serle e infine del Roè Volciano.

In Italia dopo il viaggio della speranza

Era arrivato in Italia qualche anno fa al termine di un infinito viaggio della speranza: era ancora in un centro profughi a Brescia quando Camillo Guatta, oggi direttore sportivo dell’Us Serle, decise di portarlo con sé in Valsabbia: «Lo avevo portato a giocare alla Polisportiva Prevalle, gli avevo anche dato una mano a trovare un lavoro – racconta Guatta –: non so cosa dire, sono sconvolto. L’ho visto crescere, era un bravissimo ragazzo: tutto sport e lavoro».

Da poche settimane aveva appeso le scarpette al chiodo: «A ottobre aveva deciso con dispiacere di smettere - ricorda Giancarlo Bottacchio, mister del Roè - perché con il nuovo lavoro non poteva più gestire gli allenamenti e lui era uno preciso e puntuale. Un esempio per tanti ragazzi, ce ne vorrebbero come lui: si stava costruendo una vita con le sue forze. Di recente ero stato a casa sua, speravo di farlo tornare in campo: ho conosciuto la moglie, insieme erano così felici. Non doveva finire così».

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