Accolte o segregate? Sul Cas ora è polemica

Un fotogramma del servizio di Striscia la Notizia sul caso Nuvolera BATCH

In fuga da guerre civili, da scafisti senza scrupoli e in alcuni casi dal racket della prostituzione, sono finite «semisegregate» in alloggi in condizioni igieniche precarie. È la denuncia delle giovani profughe africane ospitate al Cas di Nuvolera, raccolta da due reportage di taglio differente ma di identico contenuto. Il caso è stato sollevato dal portale di inclusione sociale Melting Pot prima, e da Striscia la Notizia poi.

E in entrambi i casi le testimonianze delle migranti sono una sorta di atto d’accusa collettivo verso la cooperativa Olinda di Medole che gestisce la struttura aperta nel giugno scorso. L’aspetto più delicato è quello della presunta «violazione della libertà personale» delle 34 ospiti presenti, tutte richiedenti asilo, che sarebbero state addirittura «chiuse a chiave», senza la disponibilità di «nessun corso di inserimento lavorativo, di nessuna lezione di lingua italiana», in una struttura che sarebbe pure «fuori norma». Qualcuna avrebbe tentato di scappare, ma sarebbe tornata perché l’unica alternativa sarebbe «prostituirsi». Da più parti si chiede che procura e forze dell’ordine facciano chiarezza sulla vicenda, che però, secondo la replica della cooperativa, sarebbe una montatura. La presidente Olinda Ughetta Gaiozzi ha spezzato l’assordante silenzio con una nota nella quale ripercorre la storia della struttura di Nuvolera, aperta appunto nel giugno scorso con l’ipotesi di ospitare una ventina di ragazze e che invece oggi ne accoglie 34, con «idoneità alloggiativa attestata dal Comune».

UNA SITUAZIONE non facile: le ragazze sono in fuga da guerra e miseria, in maggioranza da Nigeria, Eritrea e Somalia, e poi Costa d’Avorio, Gambia, Kenya, Senegal. Tre di loro hanno partorito da poco, un’altra è ancora incinta: a Nuvolera è presente comunque un’ostetrica, ma presto saranno trasferite in un’altra struttura. «Le ragazze non sono rinchiuse: in alcuni casi - spiega la coop - è stato necessario proteggerle in quanto possibili vittime di reato, e adottare maggiori cautele in concomitanza di eventi particolarmente gravi, segnalati alle forze dell’ordine».

In casi «normali» le giovani migranti sono libere di uscire: alcune di loro «sono iscritte alla biblioteca comunale», altre «si allenano e giocano a calcio», e presto potrebbero iscrivere una squadra al campionato Csi. In ogni caso, avrebbero sempre «frequentato il paese da sole o in piccoli gruppi», e sempre partecipato «alle attività organizzate anche fuori dalla struttura». Non mancano poi corsi di alfabetizzazione e trasferte a Castiglione in un laboratorio di sartoria sociale.

Nessuna limitazione della libertà personale, insomma, e struttura e attività adeguate secondo la coop.

Ma la vicenda non finisce qui: oggi, con ritrovo alle ore 10 nella piazza del municipio, è in programma una manifestazione «in supporto alle giovani donne costrette a subire una violazione dei propri diritti» organizzata da Radio Onda d’Urto.

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