«Il sindaco
ce lo dica e
staremo lontani»

La raccolta di fondi a Serle a sostegno delle spese legali di Mirco FranzoniPaolo Crepet contesta la solidarietà del paese a Mirco Franzoni BATCH

«Non mi stupisce, mi sarei meravigliato del contrario. Non mi stupisce, però mi fa arrabbiare. Non è la prima volta che un paese si schiera dalla parte di chi si difende dai ladri con le armi, ma in questi giorni, dopo quanto accaduto a Macerata, mi si gela il sangue. Se vogliamo davvero andare a finire così, è terribile. Civiltà è un'altra cosa».

È PIÙ SGOMENTO e tranchant del solito Paolo Crepet, affermato psichiatra e scrittore, nel commentare quanto accaduto a Serle, Mirco Franzoni che spara uccidendo un ladro, i compaesani che gli danno solidarietà, la sentenza che pone come attenuanti la giovane età, la «rusticità», ma soprattutto il contesto sociale che lo ha condizionato. Il dibattito resta teso, soprattutto per l’atteggiamento della comunità che si è stretta intorno a Franzoni. Agli abitanti del piccolo paese chiede: «Rovesciamo la questione, e se lo avessero assolto come avreste reagito? Perché - insiste l’esperto - quelle sono le stesse persone che si lamentano del buonismo, delle condanne lievi, delle prigioni che si aprono troppo presto. Che di fronte a una condanna a nove anni per un omicidio - che alla fine diventeranno due - leverebbero gli scudi. La gente non si rende conto della pericolosità di quello che dice e che fa. Come si può pensare che la pena per uno che ruba un orologio e qualche centinaio di euro debba essere la pena di morte? Non accadeva nemmeno nel Far west che aveva i suoi codici non scritti».

CREPET NON VUOLE fare sociologia spicciola, parlare di ambiente chiuso, isolato. «Nessun luogo è oggi isolato, nemmeno in una baita a 4mila metri; per favore non usiamo alibi che risalgono al tempo di Napoleone. Siamo tutti iperconnessi e il problema è ancora più grave perché la faccenda di Serle sarà usata da chi la vuole usare a livello nazionale». Parla agli abitanti, lo psichiatra, ma ne ha anche per le istituzioni e al sindaco manda «un richiamo alla responsabilità della fascia tricolore, che non è solo legale, ma morale. Ci dica come dobbiamo regolarci dal punto di vista giuridico, perché esistono le leggi. Se non gli va bene la legge, lo metta per iscritto, faccia sapere con una cartellonistica ad hoc a chi passa da quel Comune che lì è lecito sparare e per un ladro vige la corda al collo. Uno si regola e non ci va». Per i giudici si meraviglia. «Ci sono posti dove è lecito il grilletto facile? A Vicenza Franzoni sarebbe stato più colpevole? La giustizia è flessibile? Allora da oggi a Macerata ci sono le condizioni per ammazzare a volontà, guarda caso anche nelle Marche degli stranieri, come l'albanese del Bresciano. Stiamo veramente perdendo il senso della parola civiltà». È amarissima la preoccupazione dello scrittore: «Il piano è sempre più inclinato. Tutto è legato, stiamo tornando al passato? Serle, Macerata, i discorsi sulla razza bianca. A Serle si stringono attorno allo sparatore? Sui social inneggiano a Luca Traini e sgozzano la Boldrini». A chi «mesta nel torbido, in una terribile campagna elettorale che mai avrei pensato di vedere» suggerisce un esame di coscienza e ricorda che «tirare fuori il peggio dagli individui è facile e retrivo, far emergere il meglio al contrario è faticoso e utile per una nazione civile. Lo diceva già Freud che se scavi nell'animo umano trovi il fango. Per uno che fa il mio mestiere, per esempio, sarebbe semplicissimo parlare alle pance, arrivare a quel fango, ma non lo farei mai. Sono stato mille volte a parlare nelle valli più lontane, nelle valli bresciane, però io non cambio i miei toni e i miei pensieri nelle zone definite ristrette. Qualcuno lo fa, e succedono i disastri. Non vorrei dovermene andare da questo Paese - conclude Crepet - mi indichino almeno chiaramente dove la pensano così, in modo da poter evitare quei luoghi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Suggerimenti