L’Ecomuseo cresce e diventa diffuso

Il santuario della Beata Vergine di PaitoneLa sorgente del Rudone, uno dei luoghi simbolo del progetto BATCH

Voce del verbo spiedare: infilare carni, cacciagione, patate e salvia sulle bacchette dello spiedo. Una targa a imperitura memoria, all’ingresso del nuovo museo dello spiedo (e della civiltà contadina) di Prevalle: solo uno dei tanti, tantissimi tasselli che compongono il variegato puzzle del nuovo progetto di «museo diffuso» dell’Ecomuseo del Botticino, che tra l’altro ha celebrato (poco più di una settimana fa) la rinnovata sede a Palazzo Morani.

MUSEO DIFFUSO, nel vero senso della parola: sono 7 i comuni a oggi ufficialmente coinvolti (oltre a Prevalle anche Botticino, Rezzato, Nuvolento, Paitone, Vallio e Serle, ma già si guarda a Brescia con la partecipazione delle frazioni di Caionvico e Sant’Eufemia), decine di piccoli «musei tematici» e beni culturali sparsi tra i singoli paesi, una sessantina di pannelli nei luoghi d’interesse, sei itinerari ciclabili (dalla Gavardina fino a Calvagese), il nuovo sentiero 930 del Cai che attraversa tutti i comuni andando a formare un anello di circa 60 chilometri. «Abbiamo voluto raccontare la montagna carsica bresciana - spiega Marco Luppis, presidente dell’Ecomuseo - e la cultura del territorio, le cave, il paesaggio, il lavoro e la natura. Insomma, il vero spirito del nostro territorio». Cinque le aree tematiche: cultura del marmo, paesaggio carsico, tradizioni agricole, santità e santuari, beni culturali. Due i poli museali: il museo del marmo di Botticino e il museo contadino di Prevalle.

Le opportunità sul territorio: il percorso delle cave, le 26 sorgenti di Vallio (per ognuna sarà installato un cartello con ph e temperatura) o quelle del Rudone di Paitone, la villa romana a i santuari di Nuvolento, quelli di Paitone, Villa Fenaroli a Rezzato, l’altipiano di Cariadeghe a Serle e il monastero; e poi i sentieri (ciclabili e pedonali) mappati uno a uno, con apposita cartellonistica installata all’ingresso di ogni municipio. L’obiettivo? «Rendere noto -prosegue Luppis - a chi non lo vive quotidianamente che questa montagna esiste, è bellissima, scientificamente interessantissima e paesaggisticamente unica». Una sfida culturale, in controtendenza: il progetto, finanziato al 50% dalla Regione, dovrà superare una prima fase di start-up di almeno due anni, fino al 2018. Il tempo di raccontare, organizzare, programmare, «per la conservazione della memoria e la promozione del territorio». Il turismo delle radici: partendo, appunto, anche dallo spiedo (che a Serle è pure DeCo). Il futuro è invece ancora da scrivere, un sacco di pagine bianche da riempire: eventi congiunti, weekend culturali, enogastronomia, percorsi fotografici, workshop.

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